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Annullata assoluzione processo a Stasi

Redazione ANSA MILANO

di Eva Bosco e Melania Di Giacomo

Assoluzione annullata, processo da rifare. Alberto Stasi, unico imputato per il delitto di Chiara Poggi uccisa nella villetta di Garlasco il 13 agosto 2007, dovrà tornare nelle aule giudiziarie: quelle della Corte d'assise d'Appello di Milano. Lo ha deciso la Cassazione, che ha accolto i ricorsi della procura generale e delle parti civili. Tra gli Ermellini, quindi, hanno fatto breccia le argomentazioni del sostituto procuratore generale Roberto Aniello, che spingendosi un po' oltre il confine della valutazione sul piano della legittimità proprio della Cassazione, in udienza aveva ricostruito i passaggi chiave del caso, per arrivare a dire che Stasi era l'unico, tra quanti conoscevano bene Chiara e la sua casa, ad avere un movente e pur senza mai usare la parola "colpevole", ha però concentrato su di lui i riflettori. Il provvedimento della Cassazione incrina l'impianto delle due sentenze di primo e secondo grado, che il 17 dicembre 2009 e il 6 dicembre 2011 avevano assolto l'ex bocconiano fidanzato della vittima per prove insufficienti.

"Sono dispiaciuto, non si capisce il motivo", dichiara lui a Fabio Giarda, uno dei suoi avvocati, che fuori dall'aula della Suprema Corte lo chiama al telefono subito dopo che il presidente della prima sezione penale, Paolo Bardovagni, ha letto il verdetto. Stasi oggi non era in aula: diversamente da quanto ha fatto il 5 aprile quando la Cassazione rinviò la decisione, e nell'udienza di ieri, alla quale ha partecipato prendendo costantemente appunti durante la requisitoria del procuratore, oggi ha preferito non essere presente. "Non ce l'aspettavamo - ha ammesso Giarda - ora attendiamo le motivazioni per vedere se la Cassazione ha accolto i motivi di ricorso o ha solo accettato le richieste di rinnovazione. Continuiamo a credere - ha aggiunto - che Alberto sia innocente. C'è sempre stata l'associazione: avere giustizia uguale condanna di Alberto. Anche noi vogliamo giustizia e siamo d'accordo in questo con la famiglia di Chiara, ma questo non può passare dalla condanna di Alberto se non ci sono prove". Ma la mamma di Chiara torna a chiedere "verità".

"Sono contenta che la Cassazione abbia capito - dice emozionata ma senza gridare vittoria, Rita Poggi -. Io voglio la verità su Chiara, voglio solo quello. Sono quasi sei anni che aspetto". Le analisi sul capello trovato nella mano di Chiara, il dna della vittima sui pedali della bici di Alberto, le scarpe pulite del ragazzo benché fosse entrato nella villetta del delitto e fosse stato proprio lui a chiamare il 118: sono sempre stati tanti i punti di domanda sul caso a cui finora, è stata data una risposta insufficiente supportata da insufficienti verifiche, secondo i Poggi e il loro avvocato Gianluigi Tizzoni. Lui oggi non era in Cassazione. C'era l'altro legale di parte civile, Francesco Campagna, "contento che le nostre valutazioni abbiano trovato autorevole conferma". E c'era il cugino di Chiara, Paolo Reale, ingegnere informatico incaricato delle perizie sul pc di Stasi e sulla chiavetta usb del Chiara. In quella chiavetta, circa un mese prima dell'omicidio Chiara aveva salvato degli articoli di giornale che riguardavano casi di pedopornografia, ha ricordato Reale ai cronisti che gli chiedevano del movente del delitto e di un possibile nesso con i file pedopornografici trovati nel computer di Alberto, per i quali quest'ultimo è già stato condannato. "Non si può dire se ci sia un collegamento, credo che il movente vada cercato nella dinamica di coppia: in questa vicenda ci sono tanti puntini, ma manca un tratto che li unisce". Quel tratto che il nuovo processo tenterà, ormai a sei anni di distanza dai fatti, di ricostruire.

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