Prima le acclamazioni della piazza e l'affetto dei fedeli, poi il silenzio del ritiro spirituale. Dalle 18 di ieri il Papa fa gli esercizi di quaresima e segue le meditazioni affidate quest'anno al cardinale Gianfranco Ravasi, scelta fatta prima delle dimissioni, e che oggi qualcuno legge persino come una indicazione papale sulla successione. Benedetto XVI ha deciso la rinuncia al soglio di Pietro calibrandola sul calendario liturgico della Chiesa. Così cardinali e curia hanno una occasione propizia, con l'inizio della quaresima, per un ripensamento e un esame di coscienza.
Tre meditazioni al giorno, e lunghi tempi di silenzio. Il tema della prima giornata di meditazione e preghiera, nella cappella Redemptoris Mater, nelle logge del palazzo apostolico, è "il volto di Dio e il volto dell'uomo". E Ravasi, biblista e presidente del Pontificio consiglio per la cultura, ha preso le mosse dai salmi, cercando nel salterio le immagini del volto di Dio. Una delle prime indicazioni date da Ravasi è sulla Parola di Dio, "luce ai miei passi", come recita il salmo, e come l'epitaffio inciso sulla tomba del cardinale Carlo Maria Martini.
"L'assenza dello stupore nell'uomo contemporaneo - riflette Ravasi davanti a Papa e curia - è segno di superficialità. E' chino solo sull'opera delle sue mani, è incapace di alzare gli occhi verso il cielo, di ammirare in profondità i due estremi dell'universo e del microcosmo". Questa mancanza, argomenta il porporato, finisce per "deturpare la terra", non più percepita come "sorella", ma come qualcosa da sfruttare. Non è noto se a Benedetto XVI sia già stata consegnata una lettera del premier israeliano Benyamin Netanyahu, che, riferisce il sito Ynet, esprime al papa tedesco il ringraziamento "per tutto quanto ha fatto per il rafforzamento dei rapporti fra cristiani ed ebrei, e fra la Santa Sede e lo Stato ebraico".
Netanyahu nei giorni scorsi aveva anche affermato che la scelta di papa Ratzinger di lasciare il pontificato è indice di coraggio. Come anche potrebbero aver sostenuto Benedetto XVI in questi giorni che ha definito "non facili" le parole di mons. Charles Scicluna, fino a poco tempo fa promotore di giustizia della Congregazione per la dottrina della fede e da dieci anni a questa parte braccio operativo della battaglia contro gli abusi del clero prima del cardinale Ratzinger e poi di Benedetto XVI. "Nel campo della lotta agli abusi sessuali commessi da esponenti del clero - ha detto Scicluna alla Radiovaticana - Benedetto XVI ci lascia un'eredità irremovibile che segna il futuro della Chiesa". Scicluna ricorda la "decisione e perseveranza" di papa Ratzinger nel "perseguire questo obiettivo"."Non possiamo più - aggiunge Scicluna - tornare indietro in questo impegno, perché l'eredità che ci lascia il Papa è, grazie a lui, non solo legge universale della Chiesa, ma anche prassi che diventa Vangelo, retaggio di una buona notizia di una Chiesa che, non solo vuole la purificazione all'interno, ma vuole anche rimanere, com'era da secoli, un ambiente sicuro per i nostri bambini e per i nostri giovani".