12 GENNAIO
Ecco arrivato il momento. La giornata è disseminata di tracce grandi e piccole che le dimissioni di Giorno Napolitano, date per "imminenti" dallo stesso Presidente e nel Palazzo attese per dopodomani, sono sul punto di essere rassegnate. Un ultimo passaggio delle consegne, questa mattina, quando al Quirinale sono saliti il premier Matteo Renzi, che domani chiuderà a Strasburgo il semestre di presidenza italiana Ue, ed il ministro delle riforme Maria Elena Boschi. Poi ancora una conferma dai saluti che Napolitano ha in agenda per domani con il personale del Segretariato e con i corazzieri. E infine un primo assaggio di vita da cittadino illustrissimo ma uguale agli altri, nel saluto a Francesco Rosi, grande regista ed amico di una vita, alla Casa del Cinema.
Solo la lettera delle dimissioni, una volta firmata, sarà però la conferma ufficiale della fine del novennato. Verrà portata alla Camera al Presidente Laura Boldrini, che convocherà il Parlamento in seduta comune 15 giorni dopo (presumibilmente il 29 gennaio) e poi al Senato, che il Presidente Pietro Grasso lascerà per raggiungere Palazzo Giustiniani e da lì esercitare il ruolo di supplenza. Un rituale repubblicano solenne, stando al quale il Presidente Napolitano, dopo la firma delle dimissioni, lascerà il Colle per tornare nella sua privata abitazione al quartiere romano Monti, dove lo aspettano per festeggiarlo.
Intanto si mette a girare ad un ritmo più serrato il meccanismo per l’elezione del nuovo Capo dello Stato. I grillini, che più volte il premier ha cercato di coinvolgere nella intesa politica sulla scelta, fanno sapere che con “un nome fuori dal pantano” potrebbero starci. Ma è soprattutto sui fuoriusciti da M5s (circa 26) che Renzi conta per irrobustire le truppe di grandi elettori composte da Pd (450 voti) Fi (140) Area Popolare (un centinaio), che potrebbero perdere per strada pezzi importanti se Renzi, Berlusconi e Alfano non riusciranno a tenere insieme minoranza e maggioranze dei rispettivi partiti. Proprio tra gli alfaniani, tra l’altro, c’è chi spinge a fare di Quirinale, legge elettorale e riforme il terreno sul quale convincere il premier che l’appoggio di Ncd non deve più essere dato per scontato.
Con questo calendario, il 29 potrebbe esserci il primo voto (con l’alto quorum dei due terzi e la prima fumata nera), il 30 i successivi due voti sempre non decisivi e, dopo la pausa del week end, il 2 febbraio potrebbe essere il giorno della quarta votazione, quella utile ad eleggere con la maggioranza assoluta di 505 voti il nuovo Presidente. Intanto oggi cadono altri petali dalla rosa dei ‘papabili’. Emma Bonino, acclamata dal web come possibile nuovo Presidente donna, annuncia di essere in cura per un tumore ai polmoni e si chiama fuori. E anche Franco Marini, a fronte di indiscrezioni sul suo nome, ricorda il “fallimento del 2013” per dire che la corsa non lo riguarda e raccomandare a Renzi di cercare l’unità nel Pd. Il segreto dell’urna è un habitat perfetto per i franchi tiratori.