Crepe, qualche calcinaccio e fiori secchi. Tre anni dopo la grande scossa di terremoto, l'antico monastero di Santa Rita a Cascia è ancora chiuso e inagibile. Ma, adesso, per le monache di clausura che vivono in questa comunità è giunta l'ora di avviare il progetto di restauro così da permettere a loro stesse e ai tanti devoti di tornare a frequentare le stanze della santa degli "Impossibili", compresa la cella di Rita che si intravede solo attraverso la grata.
E' stata la madre priora, suor Maria Rosa Bernardinis, con l'ausilio dei vigili del fuoco e di uno dei progettisti, a permettere all'ANSA di entrare per la prima volta dal sisma dentro quei locali che raccontano secoli di storia e fede, ma ancora oggi profondamente segnati dal terremoto.
Gli squarci sui muri lasciano intuire che sarà un lavoro "lungo e complesso", come ha spiegato Lanfranco Castellucci, uno dei tecnici che si occuperà, assieme alla Soprintendenza alle Belli arti dell'Umbria, di rimettere in sesto il monastero.
Ma a illustrare ciò che sono stati questi tre anni post sisma e a immaginare il domani - dopo avere indossato sopra il velo il casco di protezione - è la stessa priora. "Si prova tanta amarezza e tristezza ad entrare qui e non ci si abitua mai a vedere queste stanze ridotte così" sottolinea subito.
Suor Bernardinis parlando della "traiettoria" seguita per riprendersi dalle scosse che sconvolsero Cascia e l'Italia centrale, fa emergere in maniera chiara che il filo logico seguito ha avuto un solo obiettivo: "Permettere ai pellegrini di tornare a rendere visita in breve tempo a Santa Rita". "Per far questo - spiega - abbiamo deciso di ritardare l'avvio dei lavori di restauro dell'antico monastero e fin da subito ci siamo concentrati nella riapertura della Basilica che avvenne in tempi brevi grazie al finanziamento di Msc Crociere e al contributo dei devoti". Senza dimenticare la possibilità data dalle monache di rimettere in piedi l'ospedale cittadino all'interno dell'ex casa degli esercizi spirituali.
Tre anni fa suor Maria Rosa mai avrebbe però immaginato tanta lentezza nella ricostruzione. "Sapevamo - dice - che ci sarebbe voluto tempo, ma non così. Tutta questa lentezza - aggiunge - fa perdere la speranza alle persone".
"Noi - dice ancora la religiosa - preghiamo perché la gente non si scoraggi e chiediamo alle autorità di impegnarsi con tutte le forze per ricostruire e non lo facciano solo a parole, ma concretamente".
Castellucci spiega invece l'iter che porterà all'avvio dei lavori. "Servirà - dice - ancora qualche mese per completare il progetto, credo che il 2020 servirà per completare l'intera pratica burocratica che è molto complessa data anche la natura dell'immobile, per poi aprire il cantiere e quindi avviare i lavori". Un momento che la madre priora, come tutte le altre monache, attende con trepidazione. "Anche se - tiene a sottolineare con spirito pragmatico - non vedo l'ora che tutto sia completato, perché generalmente quando si avvia un cantiere c'è sempre tanta polvere".