Pace fatta agli Hamptons tra locali e villeggianti dopo che a meta' marzo, per sfuggire al Coronavirus, decine di migliaia di ricchi newyorchesi si erano trasferiti nell'enclave di Long Island, tradizionalmente paradiso estivo di ricchi e famosi, provocando una levata di scudi di chi ci abita tutto l'anno.
La popolazione degli Hamptons era improvvisamente triplicata ai livelli di luglio, mettendo sotto stress negozi e supermercati e facendo temere ai residenti l'arrivo del virus portato dai profughi dalla Grande Mela con conseguente impatto sulla tenuta dei piccoli ospedali locali. Passato un mese, l'allarme sembra essersi calmato: le cittadine di East Hampton e Southampton hanno registrato tra i tassi di contagio più bassi della zona con quattro o cinque casi per mille abitanti contro gli oltre 43 mila del resto dell'isola.
Il primo segnale della tregua è stata una lettera inviata qualche giorno fa da associazioni comunitarie e municipalità al governatore Andrew Cuomo in cui, chiedendo di limitare le gite di pochi giorni agli Hamptons per via delle limitate risorse sanitarie, si risparmiano i villeggianti che già da settimane si sono sistemati nelle loro proprietà "a patto che rispettino le regole della auto-quarantena di due settimane". La lettera riflette una dinamica di atavico risentimento ma anche di dipendenza che oppone la popolazione locale ai proprietari delle seconde case da quando, alla fine dell'Ottocento, i tycoon di New York hanno cominciato a costruirsi ville sui campi di patate della zona dando lavoro alla popolazione residente.