Un mese di visite ai suoi pazienti su Facetime e Zoom, e per il dottor Andrew Rosen "e' come essere tornati al tempo delle visite a casa". Ortopedico nell'Upper East Side, il dottor Rosen ha chiuso il suo studio a meta' marzo per il coronavirus e da allora l'esperienza di entrare nelle abitazioni dei suoi malati in lockdown e' diventata, da "strana" ad abbastanza naturale: "Visitare pazienti nel loro ambiente e' la novita' bella della telemedicina. Vedo i loro salotti, le camere da letto, perfino il bagno e questo mi ha riportato ai tempi delle visite a domicilio".
Bambini curiosi che fanno domande, cani e gatti che giocano sullo sfondo personalizzano l'incontro tra medico e paziente.
Negli Usa il concetto delle visite a casa e' da tempo un anacronismo: se negli Anni Trenta il 40 per cento delle interazioni con il medico si consumava nell'abitazione del malato, mezzo secolo dopo, negli anni Ottanta, il rapporto era sceso ad appena l'un per cento, secondo la rivista "Clinics in Geriatric Medicine", e per i malati l'opzione era trascinarsi nello studio del medico anche col febbrone o mettersi in fila al pronto soccorso. La telemedicina ha aperto un nuovo spiraglio, ma prima di Covid non era possibile. Fino allo scorso marzo, prima che dilagasse il virus, c'erano restrizioni alle visite virtuali e i medici che non avessero visto di persona il malato non potevano essere rimborsati. "Il virus ha costretto Medicare, la mutua federale degli anziani, a vedere la luce", spiega Rosen: "Hanno capito che le visite virtuali erano piu' sicure e valevano i loro dollari. Le assicurazioni private ne hanno poco dopo imitato l'esempio".