Quando vedi Minsk accusare di "fake news" e "propaganda" un giornalista russo, sai che la situazione è sfuggita di mano. Per mille ragioni. Al centro della discordia, l'andamento dell'epidemia di coronavirus in Bielorussia. Che secondo le autorità sarebbe ampiamente sotto controllo, tanto da non richiedere alcun lockdown. Un vero miracolo, insomma. Peccato che il corrispondente dell'emittente Primo Canale, Alexei Kruchinin, abbia visitato un cimitero nella città bielorussa di Stolbtsy e abbia descritto "un'abbondanza di tombe fresche". Apriti cielo. Il ministero degli Esteri bielorusso ha così ritirato l'accreditamento al giornalista e al suo operatore.
Primo Canale ha poi confermato sul suo sito che sia Kruchinin che il cameraman Sergei Panasyuk sono stati espulsi e che l'intera troupe è stata privata dell'accredito. "Riteniamo che queste azioni siano assolutamente infondate", ha dichiarato il servizio stampa di Primo Canale. La televisione di Stato bielorussa ha sottolineato che la rappresaglia è scattata perché il film conteneva "notizie false" e "propaganda". Da che pulpito, verrebbe da dire. Il presidente Alexander Lukashenko, infatti, nelle prime battute della pandemia ha negato che la Bielorussia ne fosse affetta e ha suggerito "il trattore" - leggi il lavoro indefesso nei campi - come vera cura contro il coronavirus. Poi ha proposto la "vodka", grande classico di queste settimane nello spazio ex sovietico. Ora la Bielorussia, stando ai dati della Johns Hopkins, ha oltre 20mila casi accertati (solo 112 i morti) e rischia di diventare un problema per i suoi vicini.