29 GENNAIO
Sergio Mattarella sulla via del Quirinale, Matteo Renzi molto più forte, Silvio Berlusconi molto più debole, gli equilibri del Patto del Nazareno completamente riscritti e destinati a mutare ancora. Oggi prima fumata nera del Parlamento sul mite e schivo Sergio Mattarella, siciliano, fondatore del Pd e della Margherita, padre del Mattarellum, ex ministro demitiano, persona limpida e simbolo della lotta alla mafia (tra le sue braccia morì il fratello Piersanti), giudice della Consulta e profondo conoscitore della Costituzione e dei meccanismi parlamentari. Certo non un 'renziano'. Anzi, se possibile, quanto di più distante dall'esuberanza del giovane premier. Eppure Renzi riesce nel capolavoro di tenere unito il Pd puntando su di lui (altrettanto non sarebbe stato possibile con uno dei leader delle diverse fazioni ex Ds, in perenne contrapposizione). "Non è un momento come gli altri: se falliamo non sarà una normale sconfitta parlamentare", mette in chiaro adombrando la fine della legislatura, prima dell'acclamazione all'unanimità.
"Questo è l'unico nome, non ce ne saranno altri del Pd", blinda la scelta, che dovrà reggere ora tre votazioni a scheda bianca prima della quarta, quella decisiva. Una sfida per Silvio Berlusconi, deluso e messo di fronte all'irrilevanza del suo 'no' a Mattarella. E indebolito davanti a Forza Italia, che ora imputa al Cavaliere di aver ceduto a Renzi sulle riforme e su molto altro ancora, senza poter poi decidere insieme, come nei patti, un garante super partes per il Colle. Non si rompe il fronte Fi e Ncd, che voteranno scheda bianca fino all'ultimo (non un altro candidato, per garbo istituzionale verso il Presidente che sarà eletto). Un quadro che fa cambiare pelle all'alleanza Renzi-Berlusconi, centrale negli ultimi mesi, con un equilibrio politico del tutto nuovo.
Il Cavaliere, dopo lo strappo, deciderà se restare partner di Renzi sulle riforme. Ma se Mattarella verrà eletto (come il Pd pensa) con un buon margine sui 505 voti necessari al quarto voto, sarà chiaro che tra i due contraenti del Nazareno ora è il premier quello più forte, mentre il Cav resta un interlocutore obbligato a non rompere, per mantenersi in una cornice che lo legittima. Ancora più complessa la partita per Angelino Alfano, che si affanna a distinguere i piani: da una parte la maggioranza di governo, dall'altra quella che elegge il nuovo Presidente, dall'altra ancora quella sulle riforme. Renzi chiede al leader Ncd di comportarsi da forza di governo ed allargare il consenso intorno a Mattarella, ma Berlusconi lo tiene legato alla prospettiva di una ricostruzione del centrodestra proprio a partire dal Colle. E Alfano si barcamena, rischiando di perdere su un fronte e sull'altro.