1 FEBBRAIO
Con la non scontata elezione di Sergio Mattarella 'presidente di tutti' al Quirinale, Matteo Renzi si presenta come il leader di un Pd a vocazione maggioritaria, premier tutt'altro che imbrigliato dalla diarchia con Silvio Berlusconi e da ineffabili accordi all'ombra del Patto del Nazareno, capo di governo indisponibile a cedere porzioni di sovranità agli alleati della maggioranza. Non ci sarà nessuno stop nel cammino per le riforme, nè modifiche alla legge elettorale, nè elezioni anticipate, nè verifiche di governo, gira pagina Renzi con la velocità che è la sua cifra particolare, ostentando solidità dal buen retiro di Pontassieve. Un capo dello Stato eletto da una supermaggioranza e a dispetto dei veti è un risultato che mette le ali al premier, gli fa sentire più a portata di mano riforme costituzionali e legge elettorale. Chi ci sta ci sta.
Forza Italia, sinistra Dem, centristi, tutti sono chiamati al tavolo delle scelte. Ma nessuno è indispensabile nel ruolino di marcia di Renzi, che di fronte ai primi segni di ripresa pigia forte l'acceleratore del cambiamento. Il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano, dopo il fuoco fatuo di una rinnovata alleanza con Silvio Berlusconi, conferma la scelta di governo senza puntare più di tanto su una velleitaria ricostruzione del centrodestra. In vista delle Regionali proverà a ricucire con il Cavaliere, ma sa di non poter coabitare con Matteo Salvini, leader di una Lega che cerca di costruire la sua centralità, da qui al 2018, non più solo al Nord, ma anche al Centro e al Sud.
E' ragionevole pensare che Silvio Berlusconi non interromperà il dialogo sulle riforme, rinunciando al ruolo di padre costituente che Renzi è ancora disposto a concedergli. Ed è difficile anche immaginare che anche la sinistra Dem dissipi lo stato di grazia legato all'elezione di Mattarella, tagliando la strada alle riforme che Renzi intende intestare non solo a sè stesso, ma ad un Pd non più lacerato e vero protagonista della nuova stagione riformatrice. Perciò al di là di proclami e minacce, ancora possibili nei prossimi giorni, lo stato di disfacimento delle opposizioni e le debolezze delle varie minoranze aiuteranno il premier a procedere, facendo leva sulla voglia di tutti di non andare al voto. Giocando magari di volta in volta sulle tre maggioranze che si sono mosse sulla scena politica in questi giorni: quella di governo, quella con Dem, Sel ed ex grillini, quella sulle riforme anche con il Cavaliere.