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Pd, Bersani: "Renzi abbia l'umiltà di riflettere"

Sconfitti ballottaggi perché appariamo troppo pro-establishment

Redazione ANSA ROMA

Una riflessione e una revisione dell'Italicum. Le chiede Pier  Luigi Bersani a Matteo Renzi all'indomani dell'esito dei ballottaggi mettendo in luce anche il nodo del doppio incarico premier-segretario e quello del referendum di ottobre. "Le amministrative - dice c'ex segretario parlando ad Agorà su Rai3- le ha perse il Pd, a me non piace caricare addosso a una persona sola. Certo, chi guida deve avere l'umiltà di riflettere. Abbiamo perso perché abbiamo perso il contatto con la realtà che non è quella che Renzi ci sta raccontando. E non è quella che ci raccontano i troppi amici, ci son troppi applausi in giro".

"Noi - ha detto Bersani - appariamo troppo spesso quelli del'establishment: una sinistra deve andare dove sono i problemi e non trovarsi troppo dalla parte delle soluzioni".

"Suggerisco che non si demonizzi il no, si ragioni col no. Non vedo grandi problemi se Renzi dice: ti faccio vedere subito una legge che conferma che non voglio nominare ma voglio eleggere i nuovi senatori senza lasciare lì per venti anni questo tema. E se poi si dice che, con una camera sola che dà la fiducia al governo, siamo disposti a riflettere sull'Italicum. Se Renzi dice questo non vedo grandi problemi".

"Non sto chiedendo le dimissioni di Renzi. Sono solo un filino amareggiato". "Io mi sono dimesso dopo un tradimento, non dopo una sconfitta", ricorda. "Certo, se parliamo di partito bisogna che qualcuno ne abbia cura. E che il partito abbia una sua autonomia. E' inevitabile che uno che fa il presidente del Consiglio e il segretario pensi di utilizzare il partito in una giusta logica di sostegno alle azioni del governo, ma non deve essere solo questo. Perché - osserva - poi succede che mentre siamo in battaglia per le amministrative bisogna fare i banchetti sull'Imu o la Tasi... non è stata una grande idea". "Non ordina il dottore - aggiunge l'ex segretario - né di tenere assieme né separati i ruoli di premier e segretario. Ma fu Renzi a segnalare, col mio consenso, che il premier poteva essere diverso dal segretario. E' una cosa ragionevole. Ma è solo una premessa: un partito vive di politica prima di tutto. Per recuperare una presenza sul territorio e una militanza dobbiamo dare voce ai temi sociali", sottolinea.

"Voterò sì ma sia chiaro che non condivido il modo di impostare questo referendum costituzionale e se non cambiano, non mi vedranno a fare propaganda per il sì". "Non dubitino della mia coerenza nel voto, nessuno ha diritto di metterla in discussione. Ma se continuano a brandire la campagna così e dire che se vince il no si dimette il governo, non mi vedranno ai banchetti. Non sono affatto d'accordo", aggiunge, che Renzi debba dimettersi in caso di sconfitta.

"Non - dice infine - è giusto cancellare il profilo di sinistra di questo partito. Questa è la sostanza. Per i risultati che vedo, credo che ci sia una disaffezione dell'elettorato di sinistra. Ci sarà un motivo".

Enrico Rossi ribadisce la sua volontà di candidarsi in caso di congresso.

 Intanto il premier vuole una svolta nel Pd per rafforzare la macchina organizzativa e la presenza sul territorio. In questa chiave si sta ragionando su una segreteria politica con Lorenzo Guerini nel ruolo di vicesegretario unico e personalità che conoscono il territorio, come Nicola Zingaretti o Vasco Errani, da oggi pienamente assolto. Ma il rilancio del Pd non passa solo dall'organigramma.


   

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