Organo super partes deputato a controllare e tutelare il corretto equilibrio del sistema istituzionale, soprattutto attraverso la risoluzione delle sue "crisi" ma non svolge funzioni di governo vero e proprio. La Costituzione ha volutamente assegnato ai poteri del Quirinale un ruolo equilibratore sufficientemente elastico per poter supplire con efficacia ai momenti di debolezza delle forze politiche.
Il Presidente della Repubblica rappresenta infatti l'unità nazionale ed è garante della Costituzione. Il suo mandato dura sette anni e può essere rieletto. Il presidente non è responsabile per gli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne per alto tradimento o per attentato alla Costituzione, per cui può essere messo sotto accusa dal Parlamento.
Cruciali i suoi campiti nelle crisi di Governo e nei passaggi post-elettorali come quello che vivremo dalla prossima settimana con le CONSULTAZIONI. Prima di entrare nel merito di queste competenze è bene ricordare i tanti poteri che la Costituzione ha assegnato al capo dello Stato all'interno della repubblica parlamentare.
In base all'articolo 87 il presidente della Repubblica indice il REFERENDUM POPOLARE; ratifica i TRATTATI INTERNAZIONALI; ha il COMANDO FORZE ARMATE, presiede il CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA e dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.
Può nominare SENATORI A VITA; nomina cinque GIUDICI DELLA CONSULTA; conferisce le onorificenze; PRESIEDE IL CSM; può concedere la GRAZIA e commutare le pene. Quanto alla grazia, serve la controfirma del ministro della Giustizia.
Entrando nel vivo della forza politica del Quirinale bisogna certamente partire dal potere di SCIOGLIMENTO DELLE CAMERE: in base all'articolo 88 della Costituzione, il capo dello Stato "può, sentiti i loro presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse. Lo scioglimento può avvenire dopo un voto di sfiducia, ma può anche essere deciso dal capo dello Stato quando i contrasti politici rendano impossibile un esecutivo stabile ed efficiente. Nella prassi, questo potere è stato esercitato con una sostanziale autonomia da parte dei presidenti, scatenando talvolta contrasti politici.
Il presidente NOMINA IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO e, su proposta di questo, i ministri. Nelle ultime legislature, la scelta era stata resa più semplice dall'affermazione di un sostanziale bipolarismo e dalla prassi di indicare un candidato premier. Adesso, con il Rosatellum, probabilmente si tornerà alle difficoltà del passato. Quanto alla scelta dei singoli ministri, questa spetta al presidente del Consiglio incaricato.
Ma, di fatto, è stata spesso esercitata dai presidenti una MORAL SUASION.
Può NON FIRMARE LEGGI E DECRETI. In base all'articolo 87, il capo dello Stato "autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del governo. Promulga le leggi ed emana i decreti e i regolamenti". L'altra faccia di questo potere è però nell'articolo 74 che prevede che "il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione". Gode cioè di una sorta di veto sospensivo. Se non ritiene un provvedimento opportuno può rimandarlo in Parlamento. Se però "le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata".
L'articolo 87 prevede poi la possibilità, da parte del presidente, di inviare MESSAGGI ALLE CAMERE. Al di là di questo passaggio ufficiale, negli ultimi anni si è rafforzato nella prassi il potere di impulso da parte dei capi dello Stato.
SEMESTRE BIANCO. Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura".