Dopo gli elettori ora la parola passa alle forze politiche che devono usare il tempo che manca all'inizio delle consultazioni (in sostanza almeno tre settimane) per chiarirsi al proprio interno, per definire alleanze in grado di produrre una maggioranza parlamentare.
Massimo riserbo al Colle dove anche Sergio Mattarella sta studiando risultati elettorali di non facile lettura. E soprattutto non ancora definitivi a quasi 24 ore dalla chiusura dei seggi. Che hanno però una certezza, seppur negativa: non esiste una maggioranza in grado di esprimere la fiducia a un proprio Governo. E Mattarella, che ha una visione politica del tutto diversa da quella di Giorgio Napolitano, non permetterà tentativi spericolati che possano morire in aula prima di nascere.
Oggi Matteo Renzi si è dimesso, ed è logica conseguenza della disfatta alle urne. Ma politicamente la guerra interna al Pd sembra appena ricominciata: il segretario ha fatto capire di non avere la minima intenzione di uscire di scena prima della formazione di un nuovo governo e ha schierato il Pd all'opposizione. E, almeno sulla carta in attesa di capire i veri umori dei Dem, ha tolto una delle carte forti dal gioco delle alleanze.
Ma l'implosione del Pd non può che essere osservata con preoccupazione da Mattarella, non fosse altro per le ripercussioni che si possono scaricare sulla tenuta del Governo Gentiloni.
Intanto i vincitori delle elezioni hanno immediatamente iniziato a tirare per la giacchetta il presidente. Sia Salvini che Di Maio rivendicano il diritto all'incarico per tentare di formare il Governo.
Richiesta ad oggi prematura ed irricevibile per il Quirinale che da settimane ripete ai partiti che non è il presidente a dover indicare la strada delle alleanze ma tocca alle forze politiche. Che non è il presidente a decidere il Governo ma che saranno le forze parlamentari a farlo. Nessuno si nasconde dietro un dito negando la potenza dell'azione presidenziale in questa fase e certamente Mattarella non rimarrà spettatore inerte. Ma è evidente che questa deve essere una finestra di riflessione esterna al Quirinale, dove rimane fermo il principio che avrà l'incarico chi dimostrerà di avere più chance di portare a casa il risultato.
La crisi si annuncia anche per il Colle complessa e ci si prepara a tempi lunghi. Una decantazione necessaria, oggi si spera salvifica rispetto a un Paese spaccato in due.