Chi non fa nulla è complice. Lo è chi decide di non zittire il gruppo di tifosi che intona buu e cori razzisti seduti qualche posto più in là, "hanno visto tutto, hanno sentito tutto e hanno deciso di tacere". Lo è l'Udinese "che parlava solo di interruzione della partita, come se niente fosse". E se autorità e procuratore "non faranno nulla, saranno complici anche loro". È l'atto di accusa di Mike Maignan al sistema calcio, nel day after agli insulti razzisti di cui è stato bersaglio nella partita contro l'Udinese. Il portiere del Milan auspica delle conseguenze severe ai fatti di sabato sera. Quei tifosi che gli hanno urlato 'scimmia' per gran parte del primo tempo, devono essere puniti.
"È un sistema che deve assumersi la responsabilità", tuona su Instagram il rossonero. È il fallimento di uno sport, delle iniziative di sensibilizzazione studiate a tavolino, di slogan che spesso restano solo tali. "Non è la prima volta che mi succede e non sono il primo a cui succede. Abbiamo fatto annunci, campagne pubblicitarie, protocolli e non è cambiato nulla", ricorda amaro il giocatore francese. È un copione che si ripete per Maignan. Era già accaduto nel riscaldamento di Juventus-Milan nel settembre 2021, all'epoca sui social scrisse un pensiero che ora suona premonitore: "Finché questi eventi vengono trattati come 'incidenti isolati' e non viene intrapresa alcuna azione globale, la storia è destinata a ripetersi ancora e ancora e ancora". Così fu, qualche mese più tardi contro il Cagliari a marzo del 2022, ad essere preso di mira era stato anche il compagno di squadra Tomori. E così è stato a Udine.
Ce n’est pas le joueur qui a été attaqué. C’est l’homme. C’est le père de famille. Ce n’est pas la première fois que ça m’arrive. Et je ne suis pas le premier à qui ça arrive.
— Magic Mike Maignan (@mmseize) January 21, 2024
On a fait des communiqués, des campagnes de publicité, des protocoles et rien n’a changé.… pic.twitter.com/47tfcW4oNo
Maignan incassa la solidarietà di tanti, li ringrazia nel suo messaggio sui social: "L'ho detto prima non sono una vittima, e voglio dire grazie alla mia società il Milan, ai miei compagni, all'arbitro e ai giocatori dell'Udinese, e a tutti coloro che mi hanno inviato messaggi, chiamato, supportato in privato e in pubblico. Non riesco a rispondere a tutti ma vi vedo e siamo insieme".
Il Milan per solidarietà verso il proprio portiere, nell'era dei social network in cui ogni post ha un valore d'immagine ma anche economico e commerciale, decide per il silenzio social. Nessun contenuto pubblicato, per porre l'accento - paradossalmente senza usare parole o immagini - a quanto accaduto. La condanna é unanime. Tanti i giocatori, anche di altre squadre, che hanno voluto esprimere la propria vicinanza al portiere rossonero. Anche il compagno di Nazionale Kylian Mbappe ha espresso il suo sdegno: "Sei molto lontano dall'essere solo Mike Maignan. Siamo tutti con te. Sempre gli stessi problemi e ancora nessuna soluzione".
Alla fine della sua lunga riflessione, Maignan manda un messaggio di forza e speranza. "È una lotta dura, ci vorrà tempo e coraggio. Ma è una lotta che vinceremo", scrive. Parole forti di un giocatore di fama internazionale, arrivato in Italia due anni e mezzo fa e che, suo malgrado, è costretto a ricordare a tutti quanto la strada sia ancora lunga nella lotta al razzismo.
Razzismo senza fine, Maignan solo l'ultimo caso
L'onda razzista continua a scorrere nelle vene del calcio italiano e troppo spesso risale in superficie. Il caso Maignan ha già fatto il giro del mondo e scosso di nuovo le coscienze, col portiere milanista che invoca a gran voce giustizia, ma è la punta di un iceberg fatto di mille episodi che si ripetono in stadi e campetti, che umiliano ragazzini e ragazzine, campioni e campionesse. L'evento clamoroso, la sospensione di una partita di Udinese-Milan di serie A dopo la ribellione della vittima delle offese, ha riacceso l'attenzione, portando solidarietà e condanne unanimi.
Si aspettano provvedimenti duri, che potrebbero già arrivare in settimana, mentre si muovono la giustizia sportiva e la procura di Udine, anche per individuare i responsabili e circoscrivere le responsabilità. Mike Maignan pretende una reazione incisiva e corale, perché "tutto il sistema deve assumersi le sue responsabilità" e perché "chi non fa nulla è complice", che sia seduto accanto a chi ulula o che venga meno proprio ruolo istituzionale. Un richiamo che non potrà essere ignorato, anche se purtroppo il copione non è affatto nuovo. In prima fila si trova ora il giudice sportivo, che deciderà le sanzioni basandosi sul referto dell'arbitro e sul rapporto degli ispettori della Procura, posto che ieri allo stadio sono state rispettate le procedure previste, tra annunci pubblici e sospensione della partita. Il giudice potrebbe decidere di sanzionale l'Udinese con una multa o con la chiusura di una sezione dello stadio per uno o più turni. La società friulana si è peraltro resa disponibile da subito a collaborare, oltre a scusarsi col portiere francese e la sua squadra, mentre il sindaco di Udine ha annunciato che proporrà la cittadinanza onoraria a Maignan. Ma la scelta del giudice sportivo potrebbe anche essere quella di passare tutto alla Procura federale per un ampliamento dell'indagine, che potrebbe sfociare in provvedimenti più severi. Se intanto gli inquirenti dovessero individuare i responsabili, sarebbero questi a rispondere direttamente, tra daspo e sanzioni anche penali.
L'arbitro che ha diretto il match e ha sospeso la gara al 33', Fabio Maresca parla all'Ansa di quanto avvenuto: "Mi sono comportato da fratello maggiore, ho provato sincero dispiacere per Maignan che era chiaramente colpito sul piano emotivo: che disagio ho provato per quei buu beceri". Quanto al regolamento "è chiaro, la linea dell'Aia e del designatore Rocchi non ammettono equivoci e io mi sono limitato a seguirli, come è mio dovere". Intanto è compatto il muro di 'no', ribadito a livello politico e sportivo ai massimi livelli, dai ministri Andrea Abodi e Matteo Salvini, al presidente Figc, Gabriele Gravina.
Il presidente della Fifa, Gianni Infantino, chiede la sconfitta a tavolino per le squadre e il divieto d'accesso allo stadio per i tifosi che lanciano "insulti abominevoli", ricordando anche i recenti casi che hanno visto nel mirino il brasiliano Vinicius Jr in Spagna e l'inglese Wes Foderingham in Premier League. Chi rappresenta i calciatori, l'Aic, è in prima fila nella condanna contro un fenomeno purtroppo sempre in crescita. "Gli insulti razzisti sono ormai quasi la metà di tutti quelli subiti dai calciatori in tutte le serie - afferma il presidente Assocalciatori, Umberto Calcagno - Tutto questo è mostruoso e inaccettabile ma il mondo del calcio non può da solo risolvere la questione". A esprimere la propria vicinanza a Maignan sono stati tantissimi campioni e club, tra tutti il compagno di nazionale Kylian Mbappè, anche lui spesso vittima di abusi razzisti, tanto da aver addirittura pensato di lasciare la nazionale. Tra i più amareggiati, anche come friulano doc, è Dino Zoff, che ricorda come nel calcio le offese non sono mai mancate, "ma almeno erano per tutti". Maignan nonostante tutta guarda avanti con la fiducia di vincere la partita contro il razzismo.
Tajani: 'Maignan ha fatto bene, il razzismo è da cretini'
"Ha ragione Maignan a protestare, c'è una questione culturale: tutti gli uomini sono uguali, ognuno deve essere rispettato. E' giusto condannare questi episodi, non dovrebbero mai accadere. Si può criticare qualche giocatore ma il razzismo è da cretini. Poi diventa una montagna che cresce: dobbiamo bloccare dall'inizio ogni razzismo". Lo afferma il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ai microfoni di Stasera Italia su Rete 4.
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