DJI, il leader mondiale dei droni, sospende le operazioni commerciali in Russia e in Ucraina, diventando la prima azienda hi-tech cinese ad adottare una simile decisione dall'invasione di Kiev da parte delle truppe di Mosca, su cui pendono sanzioni draconiane.
La compagnia, in una nota, ha spiegato che "sta rivalutando i requisiti di conformità nelle varie giurisdizioni", aggiungendo che nell'attesa "sospenderà in via temporanea tutte le attività commerciali in Russia e Ucraina". Fondata a Hong Kong nel 2006, DJI ha poi precisato che si stava "impegnando con clienti, partner e altre parti interessate". Pechino non ha condannato l'invasione, optando per una precaria 'neutralità' a favore del Cremlino, ma le aziende cinesi sono rimaste in silenzio su come gestire l'impatto delle pesanti sanzioni contro Mosca.
DJI ha dovuto affrontare a marzo le critiche dell'Ucraina che ha accusato il gruppo tecnologico di Shenzhen di aver consentito alle forze russe di utilizzare la sua tecnologia nelle operazioni militari, anche contro i civili, come ha denunciato in un tweet il vicepremier Mykhailo Fedorov. Nel mirino il sistema AeroScope: consente agli utenti di rilevare e monitorare con i droni ed è commercializzato come strumento per proteggere strutture sensibili come aeroporti e carceri. Kiev ha sostenuto che il sistema era usato dalla Russia per guidare i suoi missili.
La società, respingendo ogni addebito, ha ribadito la scorsa settimana che i suoi prodotti erano destinati ad un uso civile, assicurando che i suoi partner "accettano di non vendere i suoi prodotti a clienti che pianificano chiaramente di utilizzarli per scopi militari o aiutano a modificarli per un uso militare".
Tuttavia, l'esercito ucraino ha fatto affidamento sui droni di DJI per le operazioni di ricognizione durante il conflitto, mentre immagini e filmati del campo di battaglia hanno suggerito che anche la Russia li abbia schierati.