Regole più severe "per modificare in maniera radicale il rapporto di forze fra piattaforme online e utenti". E' quanto chiede la commissione parlamentare britannica sui media, in un duro rapporto pubblicato al termine di un'inchiesta dedicata in particolare a Facebook e al caso dei dati personali diffusi attraverso Cambridge Analytica nel quale si accusa il colosso Usa di comportamenti degni di "gangster digitali" e si denuncia come oltraggioso il rifiuto opposto mesi fa da Mark Zuckerberg a una convocazione dello stesso organismo.
I deputati della commissione guidata dal conservatore Damian Collins, da mesi in polemica con Zuckerberg e la sua società, evocano - in circa 100 pagine di rapporto - violazioni commesse "intenzionalmente" da Facebook rispetto alle norme britanniche sul rispetto della privacy del pubblico e sulla concorrenza fra imprese. Mentre imputano al fondatore dell'azienda, che durante le udienze dell'inchiesta si è limitato a mandare a Londra alcuni dirigenti, di aver mostrato "disprezzo" verso il Parlamento del Regno Unito.
Di qui la raccomandazione rivolta al governo di Theresa May e a Westminster in favore di un intervento legislativo "radicale" per bilanciare i rapporti di forza fra "queste piattaforme e gli utenti". "L'era di un'inadeguata autoregolamentazione deve aver fine", dice Collins illustrando il rapporto. "I diritti dei cittadini vanno assicurati legalmente" e a tutti i giganti del web - non solo Facebook - va "imposto di aderire a un codice di condotta definito per legge dal Parlamento e soggetto alla supervisione di un regolatore indipendente", puntualizza.
Nel testo si raccomanda inoltre al governo britannico di promuovere una "inchiesta indipendente" anche sul fenomeno delle cosiddette "fake news" e sui sospetti di presunte ingerenze "straniere" - per esempio russe - attraverso internet nella campagne per il referendum sull'indipendenza della Scozia del 2014, sulla Brexit del 2016 e per le elezioni politiche britanniche del 2017.