Nella lotta alla disinformazione sul Covid-19, Facebook e YouTube se la cavano meglio di Twitter. Uno studio dell'università di Oxford e del Reuters Institute ha preso in esame 225 post, sottoposti a fact checking e giudicati falsi: il 59% di questi post è rimasto indenne su Twitter, che è riuscita quindi a bloccare o comunque a etichettare come bufala solo 4 fake news su 10 (41%). YouTube ha fermato il 73% dei post; Facebook il 76%, lasciandone passare circa 1 su 4 (24%).
Da gennaio a marzo, il numero di controlli sulle notizie in circolazione (in lingua inglese) è aumentato del 900%, si legge nello studio. Nel merito delle fake news, per il 59% si tratta di notizie spesso vere che vengono manipolate, distorte, ricontestualizzate e rielaborate, mentre il 38% sono inventate di sana pianta. Sui social, tuttavia, a circolare di più sono le notizie manipolate, che danno vita all'87% delle interazioni, mentre le notizie completamente inventate rappresentano il 12%.
Guardando alle fonti della disinformazione, le notizie provenienti da politici, celebrità e altre figure di spicco costituiscono il 20% delle bufale prese in esame, ma danno vita al 69% del coinvolgimento sui social. Quanto ai contenuti, la categoria più presente (39%) riguarda dichiarazioni manipolate o inventate in merito ad azioni e norme di autorità pubbliche, compresi rappresentanti dei governi e autorità internazionali come l'Oms e l'Onu.