"Il punto fermo messo con la sentenza di Cassazione apre le porte ad una valanga di ricorsi che potrebbero essere accolti dai venditori di pc anche dopo la prima raccomandata in cui si intima il rimborso e, nel caso ciò non dovesse accadere, l'eventuale iter giudiziario che consigliamo sarebbe più facile". E' quanto prevede, ora, l'associazione di consumatori Aduc dopo che la Cassazione gli ha dato ragione in una causa-pilota promossa per sostenere che "il sistema operativo Windows non è parte integrante del pc" e che il cliente ha diritto al rimborso del prezzo del sistema operativo qualora - acquistando un computer - rinunci ad accettare le condizioni di licenza d'uso del software che vengono proposte al primo avvio della 'macchina'.
La Cassazione ha "ordinato a Microsoft di rimborsarci quanto pagato in merito", ha spiegato l'Aduc, ricordando che la sentenza conclude "un iter che avevamo intrapreso nel 2005 ricorrendo al giudice di pace che ci aveva dato ragione nel 2007", poi "Microsoft aveva impugnato la sentenza in Appello, e nel 2010 la ragione ci era stata ancora riconosciuta; nel frattempo avevamo fatto ricorso anche all'Antitrust, che, anch'esso, aveva riconosciuto le nostre ragioni come valide".
Nel caso specifico della causa-pilota promossa da Aduc, il ricorrente, Marco P., consulente della stessa associazione, fece ricorso al giudice di pace ritenendo di doversi fare rimborsare il prezzo del sistema operativo Microsoft-Windows di cui non intendeva avvalersi e che trovò già installato su un computer di marca Hp acquistato. Ora che la Cassazione ha definitivamente dato ragione al cliente, l'Aduc, ipotizza numerosi ricorsi per ottenere i rimborsi e consiglia di "procedere subito con una messa in mora, tramite raccomandata A/R, al produttore del proprio pc (o altro supporto in cui si trova sempre già installato un software Microsoft che non si vuole utilizzare)".