La disastrosa stagione degli
incendi dell'estate 2019-20 in Australia, ribattezzata "estate
nera", generò una tale quantità di fumo nell'atmosfera
superiore, da filtrare la luce del sole, causando anche un breve
raffreddamento globale.
Una ricerca pubblicata su Communications Earth and
Environment descrive come i devastanti incendi in vaste regioni
del sud-est del continente abbiano dato origine a un'ondata di
nuvole temporalesche indotte dal fuoco, dette pirocumulonembi, o
pyroCbs, che a loro volta hanno iniettato pennacchi di fumo
nella stratosfera, lo strato dell'atmosfera che comincia da
circa 14.000 metri di altitudine. A quel livello, i pennacchi di
fumo hanno dato origine a nuovi venti, creando vortici
autoalimentati che hanno circondato il globo, in parte
elevandosi a un livello senza precedenti di oltre 32.000 metri
dalla superficie terrestre.
I dati dello studio, condotto dall'Università della Sorbonne,
Laboratorio di ricerca atmosferica, e presentato giorni fa alla
conferenza virtuale dell'American Geophysical Union, mostrano
che il fumo ha agito come un'area di ombra di dimensioni
planetarie, riducendo per diversi mesi la quantità di luce
solare proiettata sulla superficie terrestre.
"Una migliore comprensione dei pirocumulonembi può salvare
vite, poiché queste nuvole sono causate da violenti incendi, e
possono creare eventi meteo estremi sul terreno, causando
cambiamenti improvvisi di direzione del vento, che mettono in
pericolo le squadre di emergenza e le comunità", scrive il
responsabile dello studio Sergey Khaykin. "Gli incendi
australiani hanno fondamentalmente rivoluzionato la comprensione
del potenziale di alterazione del clima dei grandi incendi",
aggiunge l'esperto.
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