Veleni, proteste e sciopero in
vista al Quai d'Orsay, il ministero degli Esteri della Francia,
dove diplomatici e personale sono chiamati a incrociare le
braccia il 2 giugno contro la contestata riforma dell'alta
amministrazione pubblica voluta dal presidente Emmanuel Macron
che definiscono "una brutale soppressione del corpo diplomatico"
francese. Un fatto rarissimo nel mondo solitamente discreto e
ovattato del ministero degli Esteri di Parigi, che entrò in
sciopero un'altra sola volta nella sua storia bicentenaria, nel
2003.
Nel mirino, c'è la riforma dell'alta funzione pubblica fatta
adottare da Macron ad aprile. Ormai pubblicata in Gazzetta
Ufficiale, la riforma crea un nuovo corpo di funzionari dello
Stato non più dipendenti da una specifica amministrazione
pubblica ma, al contrario, chiamati a cambiare regolarmente
incarico durante la loro carriera al servizio della République.
In sostanza, uno stravolgimento che permetterà una maggiore
flessibilità nelle nomine degli ambasciatori che proprio non
piace a molti. Per i diplomatici - circa 700 direttamente
coinvolti - questo si traduce con la fusione, entro il 2023, di
due corpi storici della diplomazia d'Oltralpe: ministri
plenipotenziari (tra cui gli ambasciatori) e consiglieri per gli
affari esteri. Nemmeno la recente nomina di una diplomatica di
carriera, Catherine Colonna, alla guida del ministero è riuscita
a placare gli spiriti.
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