La Concordia vede Genova, l'ultimo viaggio è finito
Sloane, fatto impresa fantastica grazie a grande squadra
dell'inviato Matteo Guidelli
Foto di Luca Zennaro
La Concordia e Genova si ritrovano in un sabato pomeriggio di luglio al termine di un lungo corteo funebre che ha percorso i suoi ultimi chilometri tra tuoni, lampi e schizzi di pioggia. È tornata a morire dove è nata, la nave; e forse é giusto così. Era uscita 9 anni fa dai cantieri di Sestri Ponente luccicante come una pietra preziosa, la Concordia; domani entrerà nel porto di Pra-Voltri sporca di fango e malandata, senza più il fumaiolo giallo e con la scritta 'Costa Concordia' sulla fiancata sbiadita dal mare e dalla vergogna. Sopratutto, entrerà in porto senza più un'anima, tenuta a galla da quegli enormi cassoni d'acciaio che si chiameranno pure 'sponson' ma che altro non sono che la trasfigurazione ingegneristica dei becchini che portano la bara.
Ci sono voluti 924 giorni per vederla di nuovo qui, grazie all'ingegno e alla competenza di una squadra composta da aziende private e, incredibile a dirsi, dallo Stato, che una cosa sola aveva giurato: fare qualcosa di impensabile per dimostrare che questo Paese ha sì i suoi Schettino ma è pur sempre la patria di Leonardo Da Vinci. Liberare il Giglio da quel mostro adagiato contro gli scogli senza contaminare per sempre quel paradiso, ridare dignità ad un paese preso a sberle da mezzo mondo dopo la bravata del comandante e la morte di 32 persone che hanno avuto l'unica colpa di volersi prendere una settimana di vacanza. "Ci vorrà un po' per capire fino in fondo l'impresa che abbiamo compiuto - dice non a caso il grande regista di questa operazione, Nick Sloane -. Un'impresa realizzata da un gruppo fantastico che dimostra che quando le persone si mettono insieme si possono raggiungere traguardi straordinari".
Ci sarà tempo, a partire da domani, per sviscerare nei dettagli una storia che resta comunque una tragedia; analizzare gli sbagli e le responsabilità; mettere a punto regole - annunciate decine di volte e come spesso accade in Italia rimaste solo annunci - che non consentano mai più una cosa del genere. Oggi, invece, bisogna parlare di lei: di quella nave che non è più una nave ma la metafora di chi non ci sta a lasciarsi morire senza l'ultimo scatto d'orgoglio. Perché questo è stato, l'ultimo viaggio. Un camminare a testa alta lungo 180 miglia, un tornare a sferzare il vento e a rompere le onde con quella prua tirata su a tutti i costi. Ci hanno provato anche i francesi, a fermarla, schierando le navi e un ministro a protezione delle loro coste.
Ma lei non li ha degnati neanche di uno sguardo. E ci ha provato la natura, scatenando nella notte un temporale pieno di lampi, fulmini, vento di scirocco e onde alte due metri: la Concordia ha proseguito come se nulla fosse, solo rallentando un po' l'andatura come fa all'ultimo chilometro il maratoneta ormai sicuro di vincere. Così, quando la tramontana spazza via le nuvole, davanti alla nave compare prima il profilo verde della Liguria e poi, alle 14, l'inconfondibile linea stretta e lunga della città che domani all'alba l'accoglierà. "Chi guarda Genova - cantava Ivano Fossati - sappia che Genova si vede solo dal mare, quindi non stia lì ad aspettarsi qualcosa di meglio, qualcosa di più". La Concordia l'ha vista proprio da lì e davvero in pochi ci credevano. Ora si può anche scrivere la parola fine