L'Europa non ha bisogno di nuovi muri. "Ne abbiamo abbattuti di recente, non dovremmo costruirne altri". La Commissione Ue ammonisce l'Ungheria decisa a mettere in piedi una barriera lunga 174 chilometri e alta quattro metri, per blindare le sue frontiere a Sud, con la Serbia. La competenza del controllo dei confini esterni spetta agli Stati membri, ma Bruxelles evidenzia che ci sono "modi migliori" per salvaguardare i propri varchi nel rispetto dei diritti umani e del principio di non respingimento. I dati diffusi da Eurostat confermano la pressione in forte aumento sul Paese: solo nel primo trimestre del 2015 ha ricevuto 32.810 richieste di asilo (22.830 kosovari, 4020 afghani e 2.415 siriani) su un totale Ue di 185mila, circa il 18%, facendo registrare un incremento del 17% rispetto agli ultimi tre mesi del 2014, e attestandosi come il secondo Paese dopo la Germania (73.100) e subito prima dell'Italia (15.200). In questa situazione il movimento xenofobo e anti-Ue Jobbik morde alle caviglie Fidesz, il partito di destra del premier Viktor Orban. "L'Ue sta cercando di risolvere il grave problema dell'immigrazione. Però una risposta comune a questa sfida richiede troppo tempo e non possiamo attendere", dice Budapest. Bruxelles risponde: "Non esiste una soluzione nazionale. Ce n'è solo una comune" e torna in pressing sul meccanismo d'urgenza per la ripartizione intra-Ue di 40mila richiedenti asilo, a cui Orban si oppone con forza. Se ci fosse necessità - si ricorda - potrebbe essere applicato anche all'Ungheria. E dopo il no alle quote di profughi ribadito ieri dal premier britannico David Cameron al presidente del consiglio Matteo Renzi a margine di una visita a Expo, è il Financial Times a lanciare un salvagente all'Italia, dando segnali di apprezzamento per l'intero pacchetto messo sul tavolo dalla Commissione europea, dove la solidarietà procede di pari passo con una stretta su foto-segnalazioni e rimpatri.
L'autorevole quotidiano britannico, espressione della City, con l'editoriale "Il grido di rabbia dell'Italia sulla crisi degli immigrati Ue", dà ragione al premier Matteo Renzi: è legittimo pretendere che l'Ue condivida il peso dei profughi del Mediterraneo - scrive - e il Regno Unito "non deve tirarsi indietro". L'invito al governo è di rinunciare alla clausola di esclusione per fare la propria parte al tavolo dei leader dei 28, quando al vertice del 25 ed del 26 si cercherà di sciogliere i principali nodi della partita. Procede invece spedito il percorso per arrivare all'ok della prima fase della missione EuNavFor contro i trafficanti di esseri umani nel Mediterraneo, in vista dell'ok formale di lunedì prossimo al Consiglio esteri. Nel primo periodo l'obiettivo sarà l'approfondita raccolta di informazioni sul network dei trafficanti usando droni, satelliti ed i mezzi di ascolto elettronici di cui sono dotate le navi militari. Intanto la 'fortezza Europa' continua a blindarsi. Nel porto di Calais va avanti la costruzione di un corridoio di sicurezza: due chilometri di recinzione per sei metri di altezza su due lati, sovrastati dal filo spinato, frutto di un accordo tra la Francia e la Gran Bretagna, per contenere il flusso di migranti, la cui consegna è prevista per metà luglio.
E c'è pure chi fa i conti. Una ricerca del consorzio di giornalisti europei 'Migrant's files' stima che la 'politica di chiusura dell'Europa' sia costata ai contribuenti comunitari circa 13 miliardi in 15 anni, di cui 11,3 miliardi per i rimpatri dei migranti. Ma i profitti per le mafie sarebbero superiori: circa 16 miliardi. Per questo il relatore speciale Onu Francois Crepeau invita a non chiudere le proprie frontiere: "E' una risposta nazionale populista". Non riduce il problema e accresce gli affari dei trafficanti. Se l'Europa insiste "nel focalizzare la maggior parte delle risorse sull'aspetto della sicurezza, fallirà".
Intanto la Francia mantiene il pugno duro alla frontiera con l'Italia. E' stato il sesto giorno, primo di Ramadan, su scogli frontiera.