Sicuramente gli esperti olandesi sanno cosa fare, ma la voglia di contribuire a salvare la nave Costa Concordia è tale che sono in tanti gli italiani che non si fermano a discutere dei comportamenti di questo o di quello, ma suggeriscono, anche con tabelle e calcoli, come intervenire ed evitare il disastro. E magari qualche suggerimento potrebbe rivelarsi anche utile. C'é per esempio l'ipotesi avanzata dallo studio di architettura Bocci and Partners, di San Ginesio (Macerata) che suggerisce di mettere in sicurezza la nave ancorandola con funi d'acciaio alla terraferma. E lo studio ha anche calcolato quante funi occorrerebbero: almeno 21 con un diametro di 10 centimetri, che possono essere messe in opera in due giorni, lavorando su tre turni. Una imbracatura che impedirebbe l'inabissamento della nave per permettere quindi le ricerche dei dispersi come anche lo svuotamento in tranquillità dei serbatoi. Ma per bloccare l'inabissamento, invece delle funi, si potrebbero mettere dei "rostri" tra la chiglia e il fondo del mare dalla parte del possibile scivolamento. Come una sorta di cuneo, di fermo inserito a bloccare lo scafo. L'idea è del veneziano Massimo Colomban, secondo il quale i "rostri", alti fino a 2 metri con una forma simile ai cavalli di Frisia, dovrebbero essere costruiti in acciaio o cemento con punte che si aggrappino alle superfici proprio per evitare lo scivolamento, strutture ovviamente particolarmente "robuste".
STUDIO, ANCORARLA A TERRA CON FUNI ACCIAIO - Come evitare l'affondamento della Costa Concordia scongiurando un disastro ambientale? Ancorando lo scafo incastrato fra gli scogli del Giglio alla terraferma, con 21 funi d'acciaio. Una proposta "ovvia come l'uovo di Colombo", che un piccolo studio di architettura marchigiano, Bocci and Partners di San Ginesio (Macerata) ha messo nero su bianco, calcoli compresi, inviando il progetto alla Direzione marittima di Livorno, al ministero dell'Ambiente e alla Costa Crociere. Lo studio è specializzato in opere di architettura, ingegneria civile e restauri (300 edifici recuperati dopo il sisma di Marche-Umbria del 1997, lavori in corso all'Aquila), ma il direttore generale, l'architetto Giuseppe Bocci, si è basato su "una personale intuizione, che credo praticabile - sostiene - per evitare l'inabissamento della nave, legandola alla terraferma". "Un intervento di messa in sicurezza che non costerà più di uno dei migliaia di interventi attuati per mettere in sicurezza gli edifici terremotati in Abruzzo, che di contro - afferma l'architetto - avrebbe l'effetto di evitare un disastro migliaia di volte più importante del crollo di una palazzina, sia in termini economici che ambientali. Ammesso e non concesso che questi ultimi si possano quantificare". Il progetto prevede una serie di ancoraggi su pali in acciaio trivellati e ancorati alla formazione rocciosa, da realizzare "con piccole trivelle trasportate da elicotteri", e l'impiego di 21 funi in acciaio del diametro di 100 mm. A decidere dove posizionare gli ancoraggi alla nave dovrebbe essere l'ingegnere strutturista dello scafo. Secondo Bocci, se all'operazione lavorassero più squadre in simultanea, potrebbe essere ultimata in due giorni. "Con più tempo per completare le ricerche dei dispersi".