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20 giugno, 00:05 Mondo

Mubarak, l'ultimo faraone

© ANSA
Dopo cinque mandati alla presidenza dell'Egitto per il vecchio Rais è arrivato il momento di fare un passo indietro © Ansa
"Questa è la mia amata patria. Ho combattuto per lei, per difendere la sua terra i suoi interessi e la sua sovranità. Su questa terra io morirò e la storia mi giudicherà". Così Hosni Mubarak ha chiuso il suo penultimo discorso da rais egiziano, il primo febbraio scorso, nel pieno delle rivoluzione, che dieci giorni dopo lo ha deposto. Davanti alle telecamere l'allora presidente egiziano ha dato prova della resistenza e della tenacia che ne ha fatto uno dei più longevi autocrati del mondo arabo e che allo stesso tempo è stato uno dei collanti della piazza che fino all'ultimo ha atteso che pronunciasse la parola 'dimissioni'. Morto a 84 anni, compiuti il 4 maggio scorso, il faraone ha portato con sé trent'anni di storia dell'Egitto e dell'intero Medio Oriente. Anni segnati dalla gestione con pugno di ferro del paese, dall'avvio di politiche di privatizzazione che hanno dato grande slancio alla crescita economica, ma hanno alimentato la corruzione ed ampliato il divario fra ricchi e poveri, da rapporti molto stretti col mondo occidentale, in particolare con gli Usa, dal mantenimento della pace con Israele, da un approccio nella regione spesso controverso nel mondo arabo. Uomo considerato piuttosto schivo e senza un grande appeal, una carriera nell'aeronautica, sposato con Suzanne Sabet e padre di Gamal e Alaa, Mubarak è diventato presidente il 14 ottobre 1981, una settimana dopo l'assassinio per mano di un commando di integralisti islamici di Anwar Sadat, che lo aveva nominato vicepresidente. Uno dei primi atti di Mubarak, che ha segnato il suo regime trentennale, è stata l'imposizione della legge d'emergenza, decaduta solo una decina di giorni fa, che attribuiva estesi ed arbitrari poteri alle forze dell'ordine per contrastare il terrorismo, soprattutto quello di matrice islamica. Il 'regno' di Mubarak è stato contrassegnato da una durissima lotta ai movimenti islamici, che hanno dato vita, soprattutto negli anni Novanta, a ondate di attentati soprattutto contro obiettivi turistici come quello di Luxor nel 1997 nel quale persero la vita una sessantina di persone. Rimasti in clandestinità per decenni e oggetto di una pesante repressione i Fratelli musulmani, grazie all'escamotage di presentare i propri candidati come indipendenti riuscirono però riusciti ad ottenere una presenza record in parlamento nel 2005, incassando il 20% dei voti. Sopravvissuto a sei attentati mancati, dei quali il più grave ad Addis Abeba nel 1995, Mubarak ha mantenuto un dialogo aperto con la Chiesa copta, anche se i circa dieci milioni di fedeli da molti anni lamentano vessazioni e discriminazioni, prima fra tutte la normativa penalizzante per ottenere l'autorizzazione a costruire chiese. Venti giorni prima dell'inizio della rivoluzione lo scorso gennaio, la strage di capodanno nella chiesa dei santi ad Alessandria ha rappresentato uno degli attacchi più cruenti e sanguinosi contro la comunità copta. Pur ricordato in patria come l'eroe della guerra del Yom Kippur del 1973, Mubarak, malgrado l'aperta ostilità dei paesi arabi, ha rispettato il trattato di pace con Israele, firmato dal suo precedessore, caposaldo della alleanza strategica con gli Usa, che l'hanno ripagata anche con sostanziosi aiuti alle forze armate egiziane. Malgrado il trattato di pace, però, Mubarak non ha mai affettuato una visita di Stato in Israele. Si é recato una volta sola a Gerusalemme in occasione dei funerali di Yithzak Rabin nel novembre del 1995. La firma del trattato di Camp David costò al Cairo anche l'espulsione della Lega araba, che lo riammise nel 1989 sotto la presidenza dell'ex rais, riottenendo anche la sede che era stata trasferita a Tunisi. Il presidente deposto l'11 febbraio scorso ha seguito politica del doppio binario nei confronti dei palestinesi. Negoziati riservati per ricucire lo strappo fra Hamas e Fatah affidati al potente capo dell'intelligence Omar Soliman e allo stesso tempo sostegno alla politica israeliana del blocco di Gaza, dopo la vittoria del movimento islamico nel 2007. Molto controversa nel mondo arabo a suo tempo, anche, la sua scelta di inviare truppe in Kuwait a fianco della coalizione alleata nella prima guerra del Golfo nel 1991. Indebolito fisicamente in seguito all'intervento alla cistifellea in Germania nel 2010, inseguito da voci ricorrenti di un cancro al pancreas, la parabola dell'ex rais ha cominciato ad essere discendente nel momento in cui ha cominciato a salire quella del figlio minore Gamal. Considerato l'artefice, con un gruppo consolidato di businessman amici, delle politiche di privatizzazioni egiziane è considerato da molti come uno degli elementi scatenanti della rivoluzione schierata contro una successione dinastica della presidenza del paese.
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