''Dallas ancora un trauma'', parlano guardie del corpo di Jfk
NEW YORK - Le guardie del corpo di John Kennedy che il 22 novembre del 1963 erano in servizio a Dallas, in Texas, continuano a sentirsi ''profondamente in colpa'' per quanto successo. Hanno dovuto convivere per il resto della loro esistenza con quel ricordo che rappresenta per loro ''una macchia incancellabile, anche se nonsiamo mai stati nelle condizioni di poter intervenire''.
Cosi' due degli agenti del Secret Service che proteggevano Kennedy hanno raccontato alla CNN la loro esperienza.
''Da quasi cinquant'anni mi porto addosso la sensazione che avrei dovuto fare qualcosa di piu', anche se non era possibile''ha detto alla CNN Gerald Blaine, uno degli uomini schierati que lgiorno a protezione della limousine scoperta su cui sedevano John e Jacqueline Kennedy. Mezzo secolo dopo, Blaine ha deciso di scrivere un libro su quella esperienza. Si intitola 'The Kennedy Detail' e fornisce il racconto dettagliato minuto dopo minuto di quanto successo il22 novembre a Dallas. Tra i dettagli rivelati, questo: nelleconcitatissime ore seguite all'attentato venne sfiorata un'altra tragedia. Per poco il Secret Service non sparava a Lyndon Johnson.
L'episodio avvenne alle 2:15 di notte a Washington,fuori della casa dei Johnson. L'agente Blaine (lo stesso che hascritto il libro) era incaricato della sua protezione. Alle 2 di notte udi' dei passi, vide un ombra avvicinarsi e punto' lapistola al petto dell'individuo, intimandogli l'alt. Quell'ombra era lo stesso Johnson.
L'agente Clint Hill era invece a Dallas nella vettura cheseguiva immediatamente quella del presidente. Dopo il primo sparo, ''lo vidi portare le mani alla gola e piegarsi sulla suasinistra - ha detto oggi alla CNN -. Sono saltato giu' subito esono corso verso la macchina. Ho sentito un secondo colpo. E,subito dopo, il terzo sparo, che ha colpito il presidente allatesta. Sono arrivato troppo tardi''. Hill, Blaine e gli altri uomini del Secret Service inservizio quel giorno continuano a vivere come un dramma quel ricordo. ''Non abbiamo responsabilita' per quanto successo, ma e' come se. Perche' dovevamo proteggere il presidente, e invece e' stato ucciso sotto i nostro occhi''.