FOTO: 25 anni fa le bombe di Reagan contro il Rais
Risposta Usa a attentato Berlino, poi scud verso Lampedusa
WASHINGTON - ''Caro figlio mio, eccellenza, Baraka Hussein Abu Oumana...''. Cominciava cosi' la lettera che il 6 aprile Gheddafi invio' all'inquilino della Casa Bianca per implorare lo stop degli attacchi Nato contro il suo Paese. Nella stessa lettera, il Rais citava anche il bombardamento del 1986 contro la sua residenza a Tripoli ordinato da Ronald Reagan, definendolo ''una aggressione militare americana''. Pochi giorni prima di ordinare l'attacco Reagan lo defini' ''il cane pazzo del Medio Oriente'' e probabilmente, sarebbe riuscito a farlo fuori se Bettino Craxi non lo avesse avvisato dell'imminente raid. Erano le due di notte del 15 aprile 1986, 25 anni fa, quando i bombardieri americani attaccarono.
L'operazione, nome in codice 'El Dorado Canyon', arrivo' dieci giorni dopo l'attentato dinamitardo ad opera di agenti libici in una discoteca di Berlino Ovest, ''La Belle'', frequentata da militari americani. Quella sera rimasero uccisi due sottufficiali Usa e una donna turca, oltre a 229 feriti, di cui 79 americani. La reazione di Reagan fu immediata e durissima: dopo alcuni giorni di febbrili colloqui diplomatici, ruppe gli indugi. Dalla base inglese di Lakenhealth si levarono in cielo 18 bombardieri F-111. Altri aerei decollarono da altre basi, sempre in Gran Bretagna. Le bombe arrivarono anche dagli aerei imbarcati sulle portaerei Saratoga, America e Coral Sea, che incrociavano nel Golfo della Sirte. In tutto 45 velivoli il cui obbiettivo era dare una lezione al Rais e alla sua capacita' militare e soprattutto inviare al mondo un segnale chiaro: gli States non avrebbero piu' tollerato il sostegno di Tripoli al terrorismo internazionale. Un attacco che pero' trovo' molte resistenze politiche. La Francia, la Spagna e l'Italia negarono l'uso delle proprie basi e il diritto di sorvolo del proprio spazio aereo.
Cosi' i bombardieri Usa dovettero passare sopra Gibilterra, allungando di oltre 2.100 chilometri il loro tragitto, e furono cosi' costretti a ricorrere a molti rifornimenti in volo. I raid durarono circa 20 minuti, durante i quali furono lanciate oltre 60 tonnellate di bombe. Gli obbiettivi erano siti militari a Tripoli e Bengasi, ma anche il compound dove viveva il colonnello Gheddafi, a Bab al-Aziziya. Un chiaro indizio che il loro scopo finale era proprio far fuori il Rais. Alla fine ci furono circa 60 morti, 45 militari e 15 civili libici. Ma Gheddafi riusci' a mettersi in salvo, scappando poco tempo prima l'inizio dei bombardamenti. Perse pero' la vita una delle sue figlie adottive, Hanna, di appena 15 mesi. Durante l'attacco, l'antiarea libica riusci' ad abbattere un F111.
Le bombe Usa sfiorarono perfino l'ambasciata francese e altri edifici residenziali. Nel 2008 l'ambasciatore libico a Roma Abdel-Rahmam Shalgam raccontò che fu proprio Bettino Craxi, presidente del Consiglio dell'epoca, a avvisare il Colonnello dell'imminente attacco. Malgrado questo fu contro l'Italia la Libia reagi'. Lo stesso 15 aprile, alle 5 di pomeriggio, Tripoli lancio' due missili contro Lampedusa. L'obbiettivo dei due Scud di fabbricazione sovietica, era la base Usa che ospitava l'antenna di un sistema di navigazione Loran. I missili non colpirono il bersaglio e finirono in mare abbastanza lontano dalla costa, ma provocarono comunque una grave crisi diplomatica tra il nostro Paese e la Libia. Nel 2005, Giulio Andreotti, ministro degli Esteri del'epoca, ammise di non aver mai creduto alla pericolosita' di quell'attacco: ''Di certo io non mi sono spaventato. La mia sensazione e' che i missili furono lanciati ma volutamente fuori bersaglio: non c'era nessuna volonta' di causarci dei danni''