REPORTAGE - Pace a Tripoli, la citta' torna a vivere
File davanti a negozi di abiti. Tuwar preparano ultima battaglia
dell'inviato Claudio Accogli - foto di Ciro Fusco
TRIPOLI - ''Qui a Tripoli mia mia'', tutto bene, ''mangiatevi questo panino'': un agente ci accoglie sorridente in piazza Verde, dove campeggia la scritta ''Tripli libera da Gheddafi'', in un italiano stentato. La capitale ''e' sotto controllo'' e gli agenti ''sono schierati in tutti i quartieri'', ci spiegano i poliziotti che presidiano con due auto l'accesso alla piazza, un tempo simbolo della Rivoluzione di Muammar Gheddafi.
E alla vigilia di quello che sara' il mancato festeggiamento del 43/o anniversario, notizie non confermate vorrebbero il colonnello rintanato a Bani Walid, con la famiglia, tranne Saif al-Islam e Saadi, ufficialmente riparata in Algeria. Nella tana del lupo, come ha raccontato ieri all'ANSA un ufficiale dei soldati ribelli di Zintan, sarebbero riparati i pochi fedelissimi del rais, martellati dalla Nato a piu' riprese, con le caserme della 32/a fiore all'occhiello del regime ridotte in macerie. I Tuwar si preparano all'assalto finale.
A Tripoli intanto si e' decisamente tornati alla normalita': i ribelli sono costretti a fare i vigili urbani, per dipanare gli ingorghi, con le auto che sono tornate a sostituire le biciclette. I ribelli partono di notte, caricano le autocisterne di benzina e diesel che distribuiscono prima ai combattenti - molti dei quali sono sulla strada di casa, carichi a loro volta di ogni genere di armi, munizioni e souvenir - e solo dopo alla cittadinanza.
Dalle auto, spesso guidate da bellissime ragazze con occhiali da sole, prorompe il rap che racconta la rivoluzione, diffuso in Fm da radio Libia libera. Davanti ai negozi di abbigliamento, in particolare, si formano code di intere famiglie: non pare certo l'alba di una Stalingrado liberata; piuttosto sembrano i saldi a Napoli, o in una qualsiasi citta' italiana. A un check point un ribelle ha montato uno stereo, dando vita a una improvvisata discoteca all'aperto: fino a qualche giorno fa passare da quelle parti significava correre seriamente il rischio di beccarsi la pallottola di un cecchino in piena fronte.
Nella Medina si cammina tranquillamente, anche al tramontar del sole: unico fastidio quello del fetore delle fogne a cielo aperto, solo in parte mitigato dagli odori delle prelibatezze dell'Iftar, il pasto serale nel periodo del Ramadan. Un signore ci si affianca, pensiamo voglia dire qualcosa contro i ribelli, invece vuole solo sapere se tifiamo per la Roma o per la Juventus. E mentre fervono i preparativi per il grande bagno di folla che segnera' la fine del Ramadan, e la fine del regime, nella capitale la guerra e' finita, almeno per ora.