REPORTAGE - Voglia di occidente tra i giovani di Misurata
Tacchi a spillo e rock sognando la discoteca
dell'inviato Claudio Accogli
MISURATA - Jeans attillati e tacchi a spillo, magliette rockettare, gruppi rap e heavy metal citati nei luoghi più impensabili: è la nuova Libia, quella dei ventenni, che a differenza di quelli più grandi, che hanno combattuto casa per casa e ora sono al comando di interi battaglioni di Thuwar, hanno voglia di 'Occidente'.
"Una discoteca? Ma scherzi? Con Muammar Gheddafi dovevamo stare a casa", ci dice un ragazzino che parla due parole di inglese, a differenza di quasi tutti i suoi coetanei che sanno solo l'arabo, perché le lingue straniere, con l'eccezione del russo tollerato dal rais, erano osteggiate dal regime. "A noi piace il rap, sarebbe bello andare in discoteca", continua il ragazzino che in testa ha un cappellino da baseball: "Qui a Misurata però tutti preferiscono pregare, figurarsi se aprono una sala da ballo". Un'aria decisamente diversa da quella che si respira a Tripoli o a Bengasi, dove la musica rock inonda le strade ai check point, e le ragazze, seppure scortate dall'intera famiglia, sfoggiano abiti e trucchi che in Italia o Francia non fanno più scalpore, ma qui incontrano i visi contriti dei musulmani osservanti.
"Ho sempre venduto un sacco di scarpe da donna con tacchi vertiginosi", assicura Omar, che gestisce un negozio a pochi passi da una moschea a Misurata. "Con la rivoluzione è cambiato l'atteggiamento, le donne entrano senza timori, senza essere scortate dagli uomini di casa. E non hanno paura di comprare".
La libertà acquisita fa la fortuna anche dei negozi di musica: "Non vendo tanta di questa roba - dice Ali indicando due teche piene di cd punk e rock -. Però la posso vendere. Prima rischiavo il linciaggio. E comunque qui va molto il rap e il reggae libico, i ragazzi suonano, si organizzano". E il rap alla fine va in scena anche a piazza della Libertà, una delle piazze centrali dell'ortodossa Misurata, con cantanti di grido che ogni sera si esibiscono, raccogliendo il consenso manifesto di tanti ragazzi e le strizzate d'occhio malcelate delle ragazze.
A Tripoli Street poi, la via centrale che oggi sembra Stalingrado, epicentro dello scontro con i soldati di Gheddafi, spuntano scritte che inneggiano a Fabri Fibra, ai Korn, al Death Metal. "Ho combattuto per questo, per la libertà di tutti nel rispetto della legge", dice Walid Ali, 31 anni, laureato in microbiologia e ora combattente 'islamico' come si definisce. "Una discoteca qui nella piazza? Beh, gli sparerei un razzo anticarro dentro", dice prima di scoppiare a ridere. "Scherzo, a me non va giù l'idea di una discoteca, non mi piace. A Misurata siamo tutti musulmani, molti la pensano così. Però, anche fosse uno solo che non è d'accordo e volesse aprire una discoteca, sarei d'accordo. Basta che rispetti la legge, una legge uguale per tutti". Sul rock la pensa diversamente: "Gheddafi l'ha sempre osteggiato. Quelle sono canzoni in cui si parla di libertà, di sogni, e di avventure nel mondo. Lui ci voleva solo schiavi del suo regno".