Per il secondo giorno consecutivo continuano a piazza Tahrir e nei dintorni scontri tra forze della sicurezza centrale (Amn el Markazy), che sparano lacrimogeni, e manifestanti che rispondono lanciando pietre, soprattutto nelle strade che dalla piazza portano verso l'area dei ministeri ed in particolare del ministero dell'interno. Gruppi di giovani, armati di pietre che hanno divelto dai marciapiedi, sono stati visti avviarsi verso la zona dei palazzi ministeriali e si sono poi scontrati piu' volte in conflitto con la polizia.
Per adesso si parla solo di otto feriti nelle ultime ore, ma il bilancio sembra molto impreciso. Sulla piazza sono state reinstallate alcune delle tende che ieri erano state rimosse dai reparti della sicurezza di stato, mentre alcune decine di migliaia di manifestanti continuano a raccogliersi per protestare contro l'intervento di ieri della polizia, che ha causato, secondo bilanci ufficiali, almeno due morti (uno al Cairo, colpito da un proiettile in pieno petto, ed uno ad Alessandria) e 928 feriti. Magistrati della procura generale, fanno sapere fonti giudiziarie, stanno interrogando 51 persone arrestate ieri. Una riunione del consiglio dei ministri e' stata convocata d'urgenza per esaminare la situazione, mentre il ministro dello sviluppo locale, Mohamed Atteya, ha annunciato che la prima fase delle elezioni legislative, prevista a partire dal 28 novembre, non sara' rinviata. Il governo deve esaminare anche quanto e' accaduto ieri e continua oggi in piazza Tahrir, mentre da vari gruppi di protestatari sono arrivati comunicati per convocare il maggior numero possibile di persone nella piazza simbolo della rivoluzione del 25 gennaio.
Varie formazioni dei giovani rivoluzionari (Unione dei Giovani della Rivoluzione, il movimento del 6 Aprile, la Coalizione dei Giovani) denunciano quanto sta accadendo in queste ore, e rigettano tutte le responsabilita' sul governo e sul ministro dell'interno, dei quali chiedono le dimissioni. Altre richieste gia' all'origine delle proteste di ieri sono dirette alla formazione di un governo di salute nazionale per garantire il trasferimento immediato a forze politiche civili dei poteri dai militari che sono subentrati al potere dopo le dimissioni dell'ex presidente Mubarak, ed al blocco dei processi a civili davanti ai tribunali militari. ''Il Consiglio Supremo delle Forze Armate ed il governo - si legge in un comunicato dell'Unione dei Giovani della Rivoluzione - hanno fallito nella gestione del paese''.