Ecco le foto 'senza volto' delle vittime
Nuovo appello per salme in Eritrea
di Francesco Nuccio
Eccole le foto delle vittime dell'ultima strage del mare avvenuta giovedì scorso davanti alle coste di Lampedusa. Sono immagini di uomini, donne, bambini, ripresi nella loro quotidianità. Una coppia di coniugi che sorride davanti all'obiettivo, un'altra che scherza mentre la moglie imbocca il marito, una giovane donna con lo sguardo pensieroso perso nel vuoto e una sua coetanea in posa da miss. Foto 'senza volto', visto che questi disperati in fuga dal loro paese vengono perseguitati perfino da morti. Scatti esclusivi che l'ANSA ha scelto di pubblicare oscurando il viso per tutelare l'incolumità dei parenti rimasti in Eritrea. Tutti coloro i quali abbandonano il paese varcando il confine con il Sudan vengono infatti automaticamente considerati traditori o disertori e anche i loro congiunti rischiano di subirne le conseguenze. Sono stati proprio i familiari delle vittime - dopo avere appreso attraverso un tam tam di notizie che su quel barcone c'erano i loro figli, i loro fratelli, i loro nipoti - a inviare i ritratti dei loro cari a don Mosè Zerai, il sacerdote eritreo che costituisce un punto di riferimento per tutti i rifugiati e richiedenti asilo provenienti dal Corno d'Africa.
Le foto, insieme all'esame del Dna e alle indicazioni provenienti dai 155 superstiti, dovrebbero consentire di identificare con certezza le salme recuperate nel mare di Lampedusa. Don Mosè le ha già girate alla Croce Rossa che sta curando queste procedure. "Fino ad ora - spiega il sacerdote, responsabile dell'agenzia Habeshia - ho ricevuto le foto di una settantina di persone quasi certamente morte nel naufragio. I familiari sostengono infatti di essere stati informati prima della partenza dalla Libia che i loro cari si stavano imbarcando su quel barcone. Alcuni hanno perfino realizzato una sorta di omaggio funebre con il photoshop, inserendo accanto ai volti sorridenti dei congiunti le immagini terribili del naufragio". Le foto che giungono sulla posta elettronica di Don Mosè raccontano la vita di tante famiglie distrutta in pochi attimi. "L'ultima che mi hanno inviato - dice - è quella di una donna eritrea con i suoi due figlioletti. Il fratello, che vive in Germania, e la sorella, che si è trasferita in Gran Bretagna, hanno saputo che non figurano tra i 155 superstiti. Adesso sperano almeno di poterli piangere".
L'obiettivo dei familiari delle vittime, infatti, è sopratutto quello di potere riavere i corpi dei loro congiunti. Don Mosè ribadisce l'appello lanciato ieri al governo italiano affinchè le salme siano trasferite in Eritrea con un volo umanitario e non vengano seppellite in Italia. "Stiamo ancora aspettando una risposta - dice il sacerdote - ma confidiamo nella sensibilità dei rappresentanti delle istituzioni che in questi giorni hanno espresso il loro cordoglio per la tragedia di Lampedusa. Il rientro delle salme in Eritrea sarebbe un gesto concreto di solidarietà verso queste famiglie così duramente colpite".