Jfk, padre del centro-sinistra italiano
Presidente tolse veto Usa e benedì il primo governo Moro-Nenni
di Claudio Accogli
Estate del 1963: John F. Kennedy è protagonista di un missione trionfale in Europa, infiamma la piazza a Berlino, con il suo "Ich bin ein berliner", e inorgoglisce Roma celebrando il contributo degli italo-americani allo sviluppo e alla forza degli Stati Uniti. Sullo sfondo però, Jfk fa letteralmente infuriare i governi al potere con la sua Nuova Frontiera applicata all'Europa: Washington vuole aprire a sinistra, e i tradizionali alleati dell'America si sentono traditi.
In Italia, ricorderà anni dopo Giulio Andreotti, si visse con estrema preoccupazione e irritazione la decisione dell'amministrazione Usa di aprire un canale di dialogo diretto con Aldo Moro e i socialisti di Pietro Nenni, che si apprestavano a varare insieme il primo centro-sinistra, frutto di una travagliata stagione politica interna iniziata con il fallimento della 'legge truffa' nel 1953 e dello stallo politico conseguente, con la Dc costretta in fasi alterne a ricorrere al sostegno del Movimento sociale italiano (Msi) per garantire una maggioranza al Paese.
Il capo dello Stato, Antonio Segni, proposto da Moro proprio per rassicurare le ali estreme del suo partito, non nasconde la propria ostilità al disegno di inclusione dei socialisti nel governo, che il presidente della Repubblica considera ancora troppo vicini, almeno culturalmente, all'Urss. Il primo luglio Kennedy arriva a Roma: era sbarcato in Italia il giorno prima ma, stanco dopo le tappe in Gran Bretagna, Irlanda e Germania, aveva deciso di passare una notte alla villa Serbelloni sul lago di Como per riposarsi. Viene accolto all'arrivo dallo stesso Segni e da Andreotti. La sera il ricevimento al Quirinale: Kennedy lascia tutti di sasso quando prende sottobraccio Nenni, con il quale ha un lungo colloquio.
E' un gesto simbolico: il principale ostacolo all'apertura a sinistra in Italia era sempre stato infatti il veto di Washington, il no secco alla partecipazione di socialisti o comunisti al governo del Paese, che la destra italiana sbandierava non appena il 'rischio' di questa apertura si palesava. Kennedy cambia la linea Usa, anzi la sua amministrazione si attiva in concreto per fare da ponte tra Dc e Psi e facilitare una soluzione politica di compromesso. E' una linea che non piace a molti americani, in particolare "ad ambienti americani in Italia capaci di ostacolare non solo il centro-sinistra ma tutta l'azione di Kennedy", scrisse il 2 novembre del 1963 Riccardo Lombardi a Nenni.
Le trattative sono febbrili, il progetto di nuovo governo guidato da Moro finisce nella palude delle negoziazioni interne. Il 21 novembre c'è un nuovo intervento dell'amministrazione Usa, che spiega agli alleati italiani che il centro-sinistra "è una priorità" per Washington. Il 23 arriva sul tavolo delle delegazioni di Dc e Psi la notizia che Kennedy è stato ucciso. I responsabili politici dei due partiti decidono che non si può più rinviare. L'accordo per il primo governo di centro-sinistra viene firmato in poche ore, quando il cadavere di Kennedy non era ancora stato seppellito. Orfana del 'padre' putativo, l'intesa non durerà che qualche mese, e sotto la spada di Damocle di un minacciato golpe, il Piano Solo, le forze conservatrici riusciranno a marginalizzare la presenza socialisti, riducendo al tempo stesso la capacità di autonomia di Moro.