Il giusto mix tra azioni e obbligazioni
La classica divisione 60/40 è stata uno dei pilastri dei portafogli bilanciati. E per Capital Group ha ancora del potenziale da esprimere
La classica divisione 60/40 tra azioni e obbligazioni è stata un pilastro dei portafogli bilanciati sin da quando il concetto è stato inventato nel 1952. La logica che sta alla base di tale concetto è abbastanza semplice: cercare di generare rendimenti assumendo un rischio inferiore a quello di un portafoglio puramente azionario. In teoria, la componente obbligazionaria dovrebbe controbilanciare la volatilità della componente azionaria in caso di crisi dei mercati azionari.
Eppure nel corso del 2022, questo approccio di investimento tradizionale è stato messo in discussione visto che i mercati azionari globali hanno archiviato forti flessioni durante l’ultimo anno e invece di coprire la perdita, il reddito fisso ha perso a sua volta terreno, creando una correlazione tra azioni e obbligazioni al massimo livello in oltre 20 anni. Tuttavia, gli investitori non dovrebbero trascurare le credenziali a lungo termine a causa di un solo anno negativo.
Un’analisi di Capital Group su un ipotetico portafoglio 60/40 ha rivelato che, in un arco di tempo più lungo, le performance sono state costantemente solide, con rendimenti positivi in 15 degli ultimi 20 anni solari. In particolare secondo gli esperti della casa di gestione americana gli investitori dovrebbero prendere in considerazione i portafogli 60/40, anziché esserne eccessivamente preoccupati. Viste le incertezze del contesto attuale (politiche delle banche centrali, rallentamento dell’economia globale, guerre in corso) rimane estremamente necessario che gli investitori con un profilo di rischio più prudente cerchino soluzioni di investimento in grado di bilanciare la crescita del capitale a lungo termine, la conservazione della quota investita e il reddito corrente. Tutte caratteristiche proprio di questo portafoglio.
Senza dimenticare come sottolinea Capital Group in un suo report dettagliato che ci sono fattori determinanti per non mandare ancora in pensione il portafoglio 60/40.
Se l’inflazione continua a scendere, la Federal Reserve (Fed) potrebbe ridimensionare il ritmo della sua politica di rialzo dei tassi. In tale scenario, le obbligazioni di qualità elevata dovrebbero tornare a offrire una relativa stabilità e un reddito più consistente. Il calo dell’inflazione potrebbe inoltre favorire le azioni perché un costo del capitale inferiore potrebbe far migliorare i margini di profitto, i ricavi e dunque la crescita degli utili, anche se l’impatto effettivo può variare fortemente tra i diversi settori.
Le recessioni seppure sono dolorose sono necessarie per ripulire gli eccessi dei periodi di crescita precedenti, in particolare la crescita più o meno ininterrotta di cui hanno goduto gli investitori nell’ultimo decennio. I mercati azionari solitamente iniziano a riprendersi prima della fine di una recessione. In questo ciclo le azioni hanno già condotto l’economia al ribasso, con quasi tutti i principali mercati azionari entrati in fase ribassista entro la metà del 2022. Se la storia non mente, il loro rimbalzo potrebbe avvenire circa sei mesi prima di quanto farà l’economia.
L’inflazione elevata e i pesanti rialzi dei tassi da parte della Fed hanno creato un contesto difficile per i mercati obbligazionari nel 2022. Sebbene siano dolorose da sopportare sul momento, queste perdite possono creare le premesse per un reddito più elevato in futuro. Rendimenti in generale più elevati significano che gli investitori hanno la possibilità di ottenere un reddito maggiore dalle obbligazioni. Questo potrebbe fornire un cuscinetto più consistente per i rendimenti complessivi, anche nell’eventualità in cui i prezzi rimangano volatili.