"Lock'em up", sbatteteli dentro, rinchiudeteli. L'urlo si leva forte dai sostenitori di The Donald, sempre più in modalità ultras: prima durante un comizio in Florida, qualche ora dopo in un altro maxi raduno in Georgia. In entrambe i casi il presidente aveva appena sferrato un attacco senza precedenti verso il suo avversario per la Casa Bianca: "Joe Biden è un politico corrotto, lui e suo figlio Hunter sono dei corrotti. Tutti lo sanno, è così da 47 anni. La famiglia Biden è un'impresa criminale". Parole pesantissime, anche se un copione già visto: Trump fece più o meno lo stesso nel 2016 per colpire i Clinton. Stavolta però sembra essere andato oltre, unendosi al coro dei suoi tifosi: "Richiudeteli...", ha ripetuto dal palco facendo eco ai suoi fan. "Dovreste sbatterli dentro.. rinchiudete i Biden, rinchiudete Hillary..", ha proseguito, dicendosi "d'accordo al 100%" con quello slogan che tutti attorno a lui continuavano a scandire. A scatenare la furia giustizialista del popolo di Trump la storia delle presunte email di Hunter Biden, pubblicate dal New York Post. Email che secondo il presidente americano dimostrerebbero gli affari loschi dei Biden con l'Ucraina e con la Cina. Vicende che risalgono a quando Biden era vicepresidente e sui cui l'Fbi starebbe di nuovo indagando, nonostante i dubbi su un'operazione mediatica architettata dal legale personale di Trump, Rudolph Giuliani. Interpellato a proposito Biden è stato lapidario: "Non ho nessuna risposta da dare, è solo l'ennesima campagna diffamatoria nei miei confronti e nei confronti della mia famiglia". "Nessun illecito o crimine", ribadisce poi la sua campagna, che intanto si gode i sondaggi che a poco più di due settimane dal voto continuano a dare l'ex vicepresidente in netto vantaggio, in molti casi a doppia cifra. Certo, un campanello d'allarme arriva dalla Florida, dove si profila un testa a testa. Ma in quasi tutti gli stati chiave, compresi quelli che a sorpresa furono persi da Hillary Clinton nel 2016, Trump resta indietro. Nonostante ciò il presidente sparge ottimismo a piene mani: "Vinceremo, fra pochi giorni vinciamo di nuovo. E ci sarà un'onda rossa", ha assicurato, una 'red wave' repubblicana che sommergerà gli stati Usa come quattro anni fa. Ma sia tra le fila della sua campagna che nel partito repubblicano serpeggia ormai un forte nervosimo. Il sito Axios riporta come in privato il manager della campagna di Trump, Bill Stepien, abbia ammesso le grandi difficoltà per evitare una sconfitta. Cresce poi il numero di repubblicani, soprattutto senatori, che cominciano a prendere le distanze da The Donald, ad abbandonare la barca per non restare travolti. E se i vertici dem predicano prudenza ricordando la lezione del 2016, dall'altra parte si teme oramai un "bagno di sangue" mai visto, almeno dai tempi del Watergate, con i repubblicani che potrebbero perdere in un solo colpo Casa Bianca e Senato. Anche all'interno dell'amministrazione si comincia a fare i conti con l'ipotesi tutt'altro che remota di una debacle. Tanto che - come riporta il New York Times - sarebbe già pronta una pioggia di norme e regolamenti che coinvolgeranno tutte le agenzie federali, con l'obiettivo di consolidare e difendere in ogni settore l'eredità trumpiana. Una corsa contro il tempo, insomma, per realizzare il più possibile entro il prossimo 20 gennaio, data del possibile insediamento di un nuovo presidente. Intanto, secondo i dati dello Us Election Project portato avanti dalla Università della Florida, già oltre 25 milioni di americani hanno votato, in persona o per posta. Un record: in tempi di pandemia - spiegano gli esperti - gran parte degli elettori sta scegliendo il voto anticipato, soprattutto quello per posta, per evitare assembramenti o lunghissime code ai seggi il 3 novembre. Nel 2016 allo stesso punto della corsa per la Casa Bianca avevano già votato in 6 milioni.