I porti italiani possono avere un
ruolo "strategico" nel raggiungimento del "Global net zero
emission", l'obbiettivo che richiederà considerevoli quantità di
idrogeno verde (GH2): 500-600 milioni di tonnellate equivalenti
entro il 2030 con la Ue che, con il suo REPowerEU Plan, si è
impegnata ad importare fino a dieci milioni di t. annue di GH2
sempre sino alla fine di questo decennio.
E' quanto emerge da dichiarazioni fatta all'ANSA da Raffaele
Boldracchi, ex manager di Ifc (Banca mondiale) e Bers (Banca
europea per la ricostruzione e lo sviluppo) che assiste agenzie
delle Nazioni Unite nella mobilizzazione di risorse finanziarie
e, dopo essersi occupato di Nord Africa, sviluppa strategie per
la mobilizzazione di risorse in Namibia, anche a livello GH2.
Boldracchi ritiene che l'Africa possa giocare "un ruolo
chiave" nella produzione globale di GH2. Nel 2022, Egitto,
Kenya, Mauritania, Marocco, Namibia e South Africa hanno firmato
"Agha", una sorta di Opec del GH2. Sono Paesi destinati ad
integrare le loro produzioni nella "European Hydrogen Backbone
initiative" grazie a un flusso di notevoli investimenti, anche
europei. Secondo Boldracchi, il trasporto del GH2 prodotto in
Africa, e destinato ai mercati europei, "implica un ruolo
strategico per i porti europei".
A livello italiano, ha ricordato il consulente, solo il porto
di Trieste dovrebbe trasformarsi in un terminale chiave nella
'Green Corridor', una pipeline pianificata per trasportare GH2
dal Marocco all'Europa a partire dal 2030.
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