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Per medici internisti ospedale e territorio non comunicano

Per medici internisti ospedale e territorio non comunicano

Secondo Fadoi si consultano per 'appena' il 16% dei ricoverati

PERUGIA, 11 maggio 2024, 11:10

Redazione ANSA

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

"È un blackout comunicativo quello che fa viaggiare su due rette parallele ospedali e servizi sanitari territoriali dell'Umbria. Perché specialisti ospedalieri e medici di famiglia si consultano quando un paziente è ricoverato in appena il 16% dei casi, mentre in oltre otto casi su dieci i pazienti arrivano in reparto senza che si sappia nulla dei loro trascorsi in fatto di salute perché il fascicolo sanitario elettronico non è aggiornato": è questa la fotografia scattata dall'indagine condotta dalla Federazione dei medici internisti ospedalieri, su un campione ritenuto rappresentativo di strutture regionali.
    "Così - sottolinea Fadoi in un suo comunicato - non ci si deve poi stupire se in media tre ricoveri su dieci si sarebbero potuti evitare con una migliore presa in carico dei pazienti da parte dei servizi territoriali. Il che in numeri assoluti fa 40 mila ricoveri evitabili l'anno, pari a uno spreco di circa 120 milioni, calcolando che il costo medio di un ricovero è di circa 3mila euro. Mentre, a proposito di ricoveri impropri, sono in media il 10% quelli di natura 'sociale' più che sanitaria. Ossia di pazienti che si sarebbero potuti assistere anche a casa se solo esistesse un servizio di assistenza domiciliare o una rete familiare in grado di accudirli" Due mondi "quasi incomunicabili" - viene sottolineato - che finiscono per generare accessi impropri ai pronto soccorso e ricoveri evitabili. Problemi che solo per il 33% dei medici, a patto di modifiche, potranno essere risolti da ospedali e case di comunità, il fulcro della riforma sanitaria territoriale finanziata complessivamente con oltre 7 miliardi del Pnrr.
    Partendo dai ricoveri "sociali" questi rappresentano il 10% del totale nel 66% delle strutture interpellate. Percentuale di ricoveri impropri che è di più del 40% nel 50% dei nosocomi, mentre in altre realtà ospedaliere la quota di ricoveri evitabili oscilla fra il 10 e il 30%.
    Variegate le azioni che a giudizio dei medici internisti ospedalieri dell'Umbria avrebbero potuto evitare ai pazienti di soggiornare in reparto. Per il 50% servirebbe un maggior rapporto tra ospedale e territorio, per un altro 17% una maggiore offerta di assistenza domiciliare integrata e per il 33% basterebbero le nuove case e ospedali di comunità.
    Secondo Fadoi "per comunicare pur senza parlare uno strumento ospedale e territorio ce l'avrebbero ed è il Fascicolo sanitario elettronico, che dovrebbe contenere tutta la storia sanitaria, dalle patologie alle terapie che assumiamo al momento di finire in ospedale". "Peccato che i medici del territorio, anche per farraginosità burocratiche, riescano ad aggiornarlo (raramente) appena nel 16% dei casi", sottolinea ancora la Federazione dei medici internisti ospedalieri. Le stesse alte percentuali si ritrovano quando si tratta di rilevare il dialogo tra medici ospedalieri e territoriali. I primi nel 50% dei casi si consultano solo raramente con i medici di famiglia e gli specialisti ambulatoriali quando un paziente viene ricoverato, mentre per il 34% il consulto non avviene proprio mai. Si verifica invece abbastanza frequentemente appena nel 16% dei casi.
    "Se questo è il presente, il futuro - secondo Fadoi - non è tinto di rosa dalla riforma della sanità territoriale, centrata sui maxi ambulatori aperti sette giorni su sette, ossia le case di comunità e gli ospedali sempre di comunità che dovrebbero accudire i pazienti che possono essere dimessi ma non sono in grado di tornare a casa propria. Strutture che per il 67% dei medici internisti non riusciranno ad evitare il ripetersi di ricoveri ed accessi impropri ai pronto soccorso, mentre per il 33% potranno influire positivamente ma a patto che la riforma venga modificata".
    Come fare lo svela l'ultima sezione dell'indagine Fadoi. Per il 50% degli internisti ospedalieri dell'Umbria occorre prima di tutto un provvedimento, ancora mancante, che fornisca indicazioni precise su quali professionisti del territorio e con quale modalità debbano lavorare nelle nuove strutture, mentre per il 33% occorrono regole che disegnino il rapporto tra queste strutture e l'ospedale. Per un altro 17% servono piattaforme informatiche comuni tra ospedale e strutture del territorio, perché anche qualora i medici schierati in quest'ultimo aggiornassero il fascicolo sanitario elettronico, c'è da dire che oggi in molti casi i sistemi informatici delle varie strutture sanitarie, anche di una stessa regione, non comunicano tra loro.
    "Nell'ultimo anno in Umbria si è assistito, tuttavia, ad una iniziale inversione di tendenza, con aumento della disponibilità di posti letto nelle strutture territoriali - afferma in una nota della Fedreazione il presidente Fadoi Umbria, Marco Giuliani - che riescono ad alleggerire la pressione sugli ospedali principali regionali. Molto c'è da fare ma si intravede una luce alla fine del tunnel. Proprio in questa ottica dall'autunno 2023 Fadoi Umbria ha iniziato un progetto itinerante di incontro nelle principali città della regione tra medici internisti ospedalieri e medici di medicina generale per cercare di ridurre, la distanza tra ospedale e territorio ed iniziare a costruire insieme un nuovo rapporto di collaborazione",
   

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