C'è un 'gran rifiuto' nella storia del rapporto di Gabriele d'Annunzio con la sua città natale e c'è anche da chiarire "un malinteso riguardante la presenza di un'architettura 'dannunziana'" a Pescara. Temi che mette bene a fuoco Raffaele Giannantonio nel libro "Il Vate e l'Architettura - Gabriele d'Annunzio tra estetismo ed eclettismo", fra i tre finalisti per la saggistica all'ottavo Premio dell'Editoria Abruzzese la cui premiazione si terrà domani, domenica 20 dicembre, a Pescara. Per Giannantonio, professore di Storia dell'Architettura nel Dipartimento di Architettura dell'Università 'G. d'Annunzio' di Chieti-Pescara, "è bene sciogliere l'artificiosa liaison tra d'Annunzio e l'architettura di Pescara del periodo in cui egli visse"; provvede lui a farlo con la sesta sezione del libro intitolata "d'Annunzio e Pescara: le ragioni di un'assenza", sezione decisamente intrigante accanto a quelle che la precedono, da 'L'architettura di Roma Capitale' a 'D'Annunzio e la casa' a 'L'esperienza estetica della Guerra'. Nel saggio, che vanta una ricca bibliografia, Giannantonio ricorda l'iniziativa sostenuta dai pescaresi di "offrire al Poeta un appezzamento di terra boschiva su cui costruire, mediante una sottoscrizione nazionale, una casa da arredare a suo piacimento". Offerta che d'Annunzio "rifiuta costantemente, rendendo noto che non gradisce doni di alcun genere e che intende vivere dove meglio gli piace". L'esame degli scambi epistolari di d'Annunzio con l'amico e cognato Antonino Liberi - ingegnere comunale e progettista di opere legate al rinnovamento edilizio pescarese - consente a Giannantonio di connotare come "gran rifiuto" la reazione del Vate alla proposta di riservare, a lui e a Pietro Mascagni, due lotti nell'"estremo più tranquillo della Pineta" di Pescara, un'idea a sfondo pubblicitario inserita da Liberi nel progetto, poi naufragato, di creare una città-giardino intorno al Kursaal, il futuro 'Aurum'. "Il 'rifiuto sdegnoso' di d'Annunzio - scrive Giannantonio - ferisce profondamente Liberi che lo considera una delle cause principali della mancata nascita di una nuova città". E' vero dunque che nello studio Giannantonio "ci fa apprezzare meglio aspetti non marginali, ai quali gli studiosi non hanno riservato finora la necessaria attenzione, dell'arte narrativa, poetica e drammaturgica del Vate" come spiega Dante Marianacci nella presentazione del libro la cui lettura sarà illuminante per gli abitanti della città adriatica. Un rapporto di d'Annunzio con l'architettura di Pescara esiste, dunque, ma "a senso unico ovvero da parte di Pescara (e dei Pescaresi) verso il Vate e non viceversa". Per Giannantonio è quindi più corretto parlare di architettura dell'"età dannunziana": i villini definiti liberty del rione Pineta "posseggono identità e valore indipendenti da un marchio di fabbrica il cui titolare si guardò bene dall'apporre a edifici della 'piccola patria' da cui si tenne costantemente lontano". L'autore cita però un'eccezione importante: la nuova Cattedrale di san Cetteo, costruita dal 1933 al posto della preesistente, in rovina e demolita in seguito al piano Liberi che aveva regolarizzato il tracciato dell'attuale viale d'Annunzio. "L'esito più evidente dell'influenza dannunziana sull'opera di Liberi - scrive Giannantonio - si riscontra non a Pescara, ma a Roma, nel 'Padiglione degli Abruzzi e Molise per le Feste Cinquantenarie dell'Unità d'Italia' del 1911, esplicitamente ispirato all'abbazia di s.Clemente a Casauria che d'Annunzio considerava l'edificio rappresentativo dell'intera regione (Molise compreso)". Fra cronaca, storia e ricostruzione di vicende private, il legame di d'Annunzio con la sua terra torna con questo saggio nei giusti binari e la lettura scorre a tratti come in un romanzo. (ANSA)
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