L'Abruzzo conta un maggior numero
di agriturismi pro-capite rispetto alle altre regioni di Italia,
ma la crisi nel lungo periodo si è fatta sentire più che in
altre zone della Penisola. È quanto emerge dalle elaborazioni
Cresa (Centro studi dell'Agenzia per lo sviluppo della Camera di
commercio del Gran Sasso d'Italia) sugli ultimi dati disponibili
dell'Istat.
A fine 2020 la regione, con i suoi 580 agriturismi (2,3% del
totale nazionale), si colloca al 16esimo posto nella graduatoria
nazionale la quale vede quali teste di serie la Toscana (5.406
esercizi pari al 21,6%) e il Trentino Alto Adige (3.741 cioè il
14,9%) e in coda il Molise (0,5%) e la Valle d'Aosta (0,2%). Il
numero di attività è dunque superiore alla media nazionale se
rapportato alla popolazione residente (4,5 aziende per 10mila
abitanti contro il 4,2 dell'Italia). Sempre rispetto alla media
nazionale, la situazione abruzzese è tuttavia decisamente
sensibilmente inferiore nel confronto con la superficie
territoriale (5,4 agriturismi ogni 100 chilometri quadrati
contro una situazione media di 8,3).
Non buono l'andamento nel lungo periodo, gli ultimi dieci anni,
su cui pesa negativamente il trend dell'alloggio non compensato
dagli aumenti della ristorazione e, in particolare, della
degustazione. Nonostante il trend regionale crescente rispetto
al 2019 del 5%, pari a +25 esercizi derivanti da 43 nuove
autorizzazioni (che rapportate alle strutture attive determinano
un tasso di natalità del 7%) e 18 cessazioni (pari a un tasso di
mortalità del 3%, (Italia: +2,0%), nell'ultimo decennio, in
controtendenza rispetto all'aumento nazionale del 25,5%, il
numero di agriturismi abruzzesi è diminuito del 9% (erano 636
nel 2010).
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