"E' azzardato e fuorviante
affermare che i fenomeni di intossicazione dopo il consumo di
spinaci contaminati da mandragora, siano da attribuire alle
aziende produttrici di spinaci che operano nella piana del
Fucino: i nostri agronomi, che seguono i cicli di coltivazione,
sono concordi nell'affermare che questa pianta non sia diffusa
nel nostro areale". A spiegarlo è il presidente di
Confagricoltura L'Aquila, Fabrizio Lobene, che ricorda come la
mandragora, appartenente alla stessa famiglia delle patate,
cresca "nei terreni incolti e ai bordi delle strade e non si
sviluppa nei campi coltivati il cui terreno viene periodicamente
lavorato: in Italia è diffusa prevalentemente nelle Regioni del
Sud, mentre in Abruzzo e nel Fucino risulta non più ritrovata".
"Nell'altopiano del Fucino - ricorda Lobene - si pratica
un'agricoltura altamente specializzata, i produttori prestano
grande attenzione alla gestione dei loro terreni per evitare lo
sviluppo di infestanti indesiderate. Le caratteristiche
botaniche della pianta unitamente alle peculiarità
pedoclimatiche e delle pratiche agricole applicate nel Fucino,
rendono l'areale non adatto alla crescita e allo sviluppo della
mandragora".
"Tuttavia per maggiore tranquillità di tutti - sottolinea -
abbiamo contattato il professore Fabio Stagnari coordinatore del
corso di Laurea 'Intensificazione sostenibile delle produzioni
ortofrutticole di qualità' istituito dall'Università di Teramo
nella sede distaccata di Avezzano, per verificare l'effettiva
assenza di questa pianta nei nostri territori. Stagnari si è
impegnato a coinvolgere l'istituto di botanica dell'Università
dell'Aquila per acquisire informazioni sul problema sollevato".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA