Una trasformazione dell'Orchestra del Conservatorio 'Luisa D'Annunzio' che, una volta appresa la vicenda di Pilecki, ha raccontato in musica una storia eroica, interpretando al meglio la visione del compositore e restituendo al pubblico il suo coinvolgimento emotivo.
A confermarlo è il direttore dell'orchestra, Adriano Melchiorre, in merito alla prima esecuzione assoluta, giovedì scorso per il Giorno della Memoria, della 'Petite Suite Pilecki' del compositore e storico Marco Patricelli.
Pilecki, dopo essersi fatto rinchiudere volontariamente ad
Auschwitz, per primo informò il mondo sugli orrori del campo di
sterminio nazista, ma non venne creduto.
"Sono stato io a chiedere a Patricelli di venire - racconta
all'ANSA il direttore Melchiorre - perché per esperienza so che
quando c'è il compositore in sala i componenti dell'orchestra
suonano meglio: lui ha voluto raccontare la storia di Pilecki e
i ragazzi si sono appassionati. Dopo il racconto ho riscontrato
una grande attenzione e partecipazione: i ragazzi ce l'hanno
messa tutta andando oltre al discorso squisitamente tecnico,
cioè quello di entrare nei dettagli della composizione che era
di una certa complessità, molto contrappuntistica, molti temi
all'interno, molte dinamiche differenziate. È una composizione
molto articolata, apparentemente semplice dal punto di vista
ritmico, ma dal punto di vista delle dinamiche, delle linee che
si intersecano, dei fraseggi, dei temi, è molto complesso far
venire fuori quello che l'autore chiedeva. Quegli squilli di
tromba ad esempio, quei soli da parte dei fiati o le
percussioni".
"Dopo il suo intervento - aggiunge - l'orchestra ha capito
che stava suonando una storia, che lui di fatto appare in una
serie di pezzi di musica cosiddetta applicata, sembrava musica
da film, sembrava ci fosse un filmato proiettato che ognuno di
noi proiettava nella propria testa: ad esempio il valzer che era
un po' sardonico, alla Shostakovich, questo rullo di timpani,
oppure era la tromba che squillava da una parte e le rispondeva
il corno. Anche se in certi momenti c'era un lirismo,
un'espressività quasi neoromantica, però c'era sempre una
componente di tragico che sottendeva tutta quanta la
composizione".
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