(ANSAmed) - IL CAIRO - Il Consiglio di Sicurezza ha approvato oggi all'unanimità un rafforzamento delle sanzioni in Libia. La risoluzione Onu, la prima adottata dai Quindici dal 19 marzo a dispetto dell'escalation della violenza nel Paese, rafforza le sanzioni contro chi ostacola o mette a rischio il processo di transizione politica in Libia. La risoluzione 2174, modellata su una risoluzione analoga adottata per lo Yemen e cosponsorizzata dall'Italia, rafforza l'embargo delle armi: decide che la fornitura di armi e munizioni e pezzi di ricambio alla Libia debba essere approvata preventivamente dal Comitato delle Sanzioni.
Il voto del Consiglio arriva sullo sfondo di una nuova richiesta all'Onu della Libia di completare la sua missione e estendere il suo sostegno agli sforzi tesi al ritorno della pace e della sicurezza nel Paese. "Chiederemo al Consiglio di aiutarci a riportare l'ordine dal momento che la Libia e' tuttora sotto il capitolo Sette della carta dell'Onu", ha detto il ministro degli esteri Mohamed Abdulaziz al giornale saudita Okaz. Il capitolo VII della Carta della Nazioni Unite contempla una serie di misure tra cui quelle militari.
Precedentemente dal Cairo era stato annunciato che il piano per stabilizzare la Libia messo in campo dall'Egitto, che lunedi' scorso ha ospitato un vertice con i Paesi vicini, sarebbe stato illustrato al Consiglio di sicurezza dell'Onu dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Sisi avrebbe inoltre riferito all'Assemblea Onu, all'Unione africana e al governo spagnolo, che ospiterà un summit dei Paesi amici della Libia, già riunitisi nel marzo scorso a Roma, il 17 settembre a Madrid.
Il piano definito al Cairo, in dieci punti, prevede una serie di misure che vanno dal cessate il fuoco al disarmo delle milizie. Ma il punto più controverso, scrive il Libya Herald, è che una comitato formato dai Paesi vicini dovrebbe sovrintendere alla transizione. I Paesi confinanti riunitisi lunedi' al Cairo - oltre all'Egitto, il Ciad, la Tunisia, l'Algeria e il Sudan, tutti preoccupati per l'estendersi dell'instabilità oltre i confini libici - hanno accettato il progetto, si afferma, riconosciuto la piena legittimita' del Parlamento eletto a giugno, poi costretto a riunirsi a Tobruk per il controllo di Bengasi da parte degli islamisti di Ansar al Sharia e del locale "califfato". I delegati riuniti al Cairo si sarebbero detti pronti, sempre secondo il Libya Herald, a promuovere un intervento straniero nel caso vi fosse un'ulteriore inasprirsi delle tensioni. E stanno preparando un incontro con il Parlamento di Tobruk.
Per quanto riguarda ancora il piano uscito dal Cairo, prevede un cessate il fuoco immediato e la fine di tutte le operazioni militari, per rendere possibile un dialogo per la riconciliazione nazionale. Tutti i gruppi dovrebbero abbandonare le armi e riconoscere le legittime istituzioni, a partire dal Parlamento di Tobruk. Si prevede inoltre un attento controllo dei trasporti di armi, con consegne da essere autorizzate solo dal governo e dall'organismo per le sanzioni dell'Onu. Pur escludendo ogni interferenza negli affari interni libici, i Paesi confinanti hanno anche auspicato che un sistema di sanzioni sia definito contro gruppi o individui che interferiscano con il processo democratico o forniscano armi in modo illegale.
Nel frattempo e' stata gravemente danneggiata la statua di una donna nuda con la gazzella, di epoca italiana, che troneggia al centro dell'iconica fontana sul lungomare di Tripoli. Lo riferisce ancora il Libya Herald, che mostra una foto della statua - tratta dai social media - in cui si vede un grosso squarcio nel ventre della donna, causato - secondo il giornale - dal lancio di un non meglio precisato "missile". Già due anni fa islamisti avevano minacciato di distruggere la fontana, tanto da far disporre una sorveglianza di polizia. La scultura della fontana, denominata Ghazala o anche fontana della sirena, rappresenterebbe la stessa città di Tripoli. La capitale libica è da oltre un mese al centro di combattimenti per il controllo dell'aeroporto e dell'area circostante da parte delle milizie islamiste raccolte nell'Operazione Alba. (ANSAmed).
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