Sono 456 gli indagati nei
confronti dei quali la Direzione distrettuale antimafia di
Catanzaro ha chiesto il rinvio a giudizio nell'ambito della
maxi-inchiesta "Rinascia-Scott", condotta contro le le famiglie
di 'ndrangheta della provincia di Vibo Valentia. Sono state
individuate ben 224 parti offese che potrebbero diventare
altrettante parti civili nel processo. Si tratta dei Comuni del
Vibonese, della Regione Calabria, della Prefettura, del
ministero della Giustizia e di privati, imprenditori vessati
dalle cosche, taglieggiati, sottoposti a minacce e
danneggiamenti. Ventitré sono le posizioni stralciate rispetto
all'avviso di chiusura indagini.
Tra gli imputati "eccellenti" figura l'avv. Giancarlo
Pittelli, penalista ed ex parlamentare di Forza Italia, poi
passato nel 2017 a Fdi.
Il capo di imputazione - scritto dal procuratore di Catanzaro
Nicola Gratteri, e dai sostituti Antonio De Bernardo, Annamaria
Frustaci, Andrea Mancuso e dall'attuale procuratore di Vibo
Valentia Camillo Falvo - contempla 438 reati. A dettare legge
nel vibonese erano la cosca Mancuso al vertice della locale di
Limbadi; la cosca La Rosa, 'ndrina di Tropea; la consorteria
Fiarè-Razionale-Gasparro a capo della locale di San Gregorio
d'Ippona; la cosca Lo Bianco-Barba e i Camillo-Pardea dominanti
sulla locale di Vibo Valentia città; la cosca Accorinti del
locale di Zungri; la cosca dei Piscopisani a capo della locale
di Piscopio; la cosca Bonavota del locale di Sant'Onofrio; la
cosca Cracolici, 'ndrina di Filogaso e Maierato; la cosca
Soriano di Filandari, Ionadi e San Costantino; la cosca
Pititto-Prostamo-Iannello della società di Mileto; la cosca
Patania della locale dominante a Stefanaconi.
"Rinascita-Scott" ha colpito, per la prima volta, tutte le
'ndrine del Vibonese e anche la rete di rapporti tra
'ndranghetisti e ambienti imprenditoriali, politici e massonici.
I magistrati della Dda di Catanzaro considerano la
criminalità vibonese "un vero e proprio cartello
'ndranghetistico trasversale rappresentativo delle locali di
'ndrangheta della Provincia di Vibo Valentia" e i capi "una
sorta di direttorio criminale (denominato 'caddara') avente
decisiva influenza in tutta la zona".
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