Un altro impianto solare che
avrebbe dovuto produrre energia ma che, invece, non è mai
entrato in funzione è stato individuato, su disposizione della
Procura regionale della Corte dei Conti per la Calabria, dagli
uomini del Comando provinciale della Guardia di finanza di
Catanzaro. L'impianto inutilizzabile, dopo quello scoperto solo
poche settimane addietro, realizzato per l'ospedale di Tropea,
avrebbe dovuto essere al servizio di un altro nosocomio, quello
di Cetraro.
I finanzieri, coordinati dal Procuratore regionale della Corte
dei conti calabrese, Maria Rachele Anita Aronica, a seguito di
una segnalazione dei finanzieri del Nucleo di Polizia
economico-finanziaria sulla base di un'istruttoria condotta dal
vice procuratore generale Giovanni Di Pietro, hanno contestato a
due dirigenti dell'Azienda sanitaria provinciale di Cosenza e al
direttore dei lavori, un danno erariale pari a poco meno di due
milioni di euro.
Nel 2011, infatti, l'Asp aveva richiesto e ottenuto
finanziamenti comunitari tratti dal Por Calabria/Fers 2007-2013
per la realizzazione di un impianto termodinamico a
concentrazione solare - Progetto "Prometeo" - che avrebbe dovuto
produrre energia termica ed elettrica per il presidio
ospedaliero di Cetraro. Inizialmente, il progetto prevedeva
l'installazione dell'opera sul tetto dell'edificio. In fase
realizzativa, tuttavia, venne disposta una variante progettuale
per posizionarlo su un terreno di circa 3 mila metri quadrati di
proprietà dell'Asp e adiacente all'ospedale. Per la
realizzazione dell'opera le necessarie autorizzazioni edilizie,
paesaggistiche e sismiche previste, non risultano mai essere
state richieste. Anche per questo, pertanto, nel 2017, il Gip di
Paola aveva disposto il sequestro preventivo dell'impianto e,
poco tempo dopo, anche il Comune di Cetraro aveva emesso
un'ordinanza di demolizione del manufatto, di fatto abusivo.
All'ordinanza si era opposta l'Asp che aveva presentato ricorso
al Tar, poi bocciato. A oggi, l'impianto non è stato demolito e
versa in stato di totale abbandono. I destinatari del
provvedimento hanno 45 giorni per controdedurre.
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