Si è concluso con la
condanna di tutti i 15 imputati, il processo denominato
"Pedigree" contro la cosca Serraino di Reggio Calabria. La
sentenza è stata emessa dal gup Tommasina Cotroneo che ha così
accolto le richieste della Dda di Reggio Calabria guidata dal
procuratore Giovanni Bombardieri.
La pena più pesante, 15 anni e 4 mesi di carcere, è stata
inferta a Francesco Russo, detto "u scazzu", e ritenuto capo
locale della cosca Serraino sino al suo arresto nell'ottobre
2020. Su richiesta dei pm Stefano Musolino, Walter Ignazitto,
Sara Amerio, Diego Capece Minutolo e Paola D'Ambrosio, il gup ha
condannato a 14 anni e 4 mesi di reclusione anche il boss
Maurizio Cortese, oggi collaboratore di giustizia. Nove anni e 6
mesi di carcere, invece, sono stati inflitti a Stefania Maria
Pitasi, moglie di Cortese. Quest'ultimo non è l'unico
collaboratore condannato nel processo "Pedigree". Sono stati
giudicati colpevoli anche Daniele Filocamo (4 anni, 2 mesi e 20
giorni di carcere) e l'ex assessore comunale e poliziotto Seby
Vecchio (4 anni, 10 mesi e 20 giorni).
Prima di saltare il fosso, per la Dda reggina, Vecchio era il
politico di riferimento della cosca Serraino. In sostanza dalle
indagini era emerso che il clan Serraino gli assicurava
"consistenti pacchetti di voti in occasione delle elezioni" e
lui "sfruttava il ruolo di consigliere e assessore comunale per
garantire favori ai membri della cosca di appartenenza e agli
esponenti di altre articolazioni della 'ndrangheta reggina".
L'inchiesta aveva portato a due operazioni scattate nel 2020
in cui sono stati arrestati i vertici della cosca Serraino. Al
termine del processo di primo grado, sono stati condannati anche
gli imputati Domenico Sconti (12 anni), Paolo Russo (8 anni di
carcere), Sebastiano Morabito (10 anni), il sindacalista Antonio
Serraino (10 anni), Sebastiano Massara (8 anni), Antonino
Barbaro (13 anni e 8 mesi), Stefano e Gabriele Foti (3 anni),
Davide Barbaro (2 anni, 2 mesi e 20 giorni) e Salvatore Paolo De
Lorenzo (14 anni e 4 mesi).
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