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Bergamini:boss pentito,non so se crimine interessato a morte

Bergamini:boss pentito,non so se crimine interessato a morte

Perito dell'epoca, relazione un diario, non vidi corpo e camion

CATANZARO, 08 novembre 2022, 14:23

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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"Ho appreso della tesi dell'omicidio dai giornali e nel 2018 quando mi ha sentito il procuratore Facciolla. Quindi mi sono meravigliato del fatto che, se fosse stato così, mai nessuno all'epoca mi domandò di reperire notizie in merito. Posso dire che la mia percezione era quella che la società del Cosenza fosse disinteressata rispetto alla sua morte. Aggiungo che dal 1989 al 1995 si è sempre parlato di suicidio". Lo ha detto Franco Pino collaboratore di giustizia ed ex esponente della criminalità cosentina nel corso dell'udienza in Corte d'Assise a Cosenza del processo per il reato di omicidio del centrocampista della squadra di calcio cittadina Donato "Denis" Bergamini - morto il 18 novembre 1989 sulla statale 106 all'altezza di Roseto Capo Spulico - contestato all'allora ex fidanzata Isabella Internò.
    "Tra l'altro quando avvenne il fatto - ha detto Pino - io mi trovavo a Milano. Ero latitante in quanto miei confronti pendeva un ordine di cattura della procura di Paola, poi revocato a fine novembre. Devo dire che io non conoscevo Bergamini, non sapevo neanche della sua esistenza fino al momento del decesso". Franco Pino ha parlato anche dei suoi rapporti con il Cosenza calcio.
    "Conoscevo il presidente Serra - ha chiarito - e qualche dirigente. Serra non mi ha mai chiesto notizie circa la morte di Donato". Infine, il collaboratore di giustizia ha evidenziato che "non posso dire con precisione se la criminalità organizzata si fosse interessata alla morte di Bergamini". Il pentito ha affermato tuttavia di avere combinato due partite così come richiestogli dalla società silana: "Parliamo di Cosenza-Avellino del 1990, e Cosenza-Pescara del 1994 - ha detto - ma in quel periodo il presidente era Bonaventura Lamacchia".
    Il prof. Pasquale Toscarelli. perito incaricato dalla Procura all'epoca dei fatti, ha poi definito la propria relazione "un diario sullo stato dei luoghi perché - ha spiegato - non ho mai avuto elementi tecnici, nonostante avessi chiesto più volte la documentazione. Non la considerate una consulenza, la verità è che avrei dovuto rifiutare di stilare questo documento perché non avevo elementi tecnici, non ho mai visionato il cadavere di Bergamini, né il camion".
   

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