"È necessario che si torni
a parlare, in questa città, di democrazia, si torni a discutere
di politica sana, si torni a discutere di speranza". Lo ha detto
Federico Milia, capogruppo di Fi al Comune di Reggio Calabria
nel corso della conferenza stampa indetta dal centrodestra per
ribadire la richiesta di dimissioni del sindaco sospeso Giuseppe
Falcomatà dopo la sentenza di appello che ha sostanzialmente
confermato la condanna per abuso d'ufficio in merito alla
vicenda dell'ex albergo Miramare.
Milia nel corso dell'incontro con i giornalisti che si è svolto
poco prima dell'inizio dei lavori del Consiglio comunale ha
annunciato, a nome dell'intero gruppo dei nove consiglieri di
minoranza, azioni a livello romano."Tutto il centrodestra - ha
aggiunto il capogruppo di FdI, Demetrio Marino - è unito. Non
intendiamo attendere il rientro del sindaco dopo questa
ulteriore sospensione, ma fare in modo che questa città ritorni
presto al voto, non oltre maggio del 2023".
Per il centrodestra, nelle parole dell'ex candidato a sindaco
della Lega, Antonino Minicuci, c'è "una situazione
amministrativa allo sbando. Nessuno controlla la dirigenza e non
si danno direttive. Non abbiamo possibilità alcuna di incidere
sulle scelte. Non ci viene permesso, soprattutto nella
definizione delle linee di mandato racchiuse nel Documento unico
di programmazione". A detta di Massimo Ripepi "il centrodestra
sa quello che deve fare e lo farà. Ci chiediamo come fa
Falcomatà a non dimettersi dopo che 8 giudici, in due diversi
gradi di giudizio, si sono pronunciati nel merito. E poi qual è
la consapevolezza dei due sindaci facenti funzione, al Comune ed
alla Città Metropolitana, che prima di andare a Roma devono dare
conto a chi li ha messi in quel posto: Giuseppe Falcomatà, che
nonostante le condanne giudiziarie continua a mantenere il ruolo
di responsabile per la legalità e i beni confiscati dell'Anci,
l'Associazione nazionale Comuni Italiani". Il centrodestra
reggino si è detto pronto ad azioni importanti che sono in corso
di valutazione con i vertici nazionali dei partiti di
riferimento. Scartata l'ipotesi di dimissioni in massa che,
comunque, consentirebbe alla maggioranza di andare avanti.
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