"Le vittime siamo due: io e i ragazzi. Io perché ho subito l'aggressione, ma anche loro, gli studenti, ai quali viene mostrata una società falsata, non basata sull'amore e sul rispetto ma sull'odio". A parlare è il professor Enrico Morabito, aggredito e picchiato sotto casa per aver richiamato all'ordine gli studenti in classe a Casavatore, nel Napoletano. "Io come tanti altri sono un docente precario, nella scuola De Curtis ho fatto una supplenza di sette giorni in una prima media - racconta con la fronte ancora coperta dalla medicazione -. Durante il mio ultimo giorno di lezione la classe ha cominciato a 'dar di matto'. Allora ho messo una nota, come del resto fanno molti degli altri insegnanti, il registro di quella classe è pieno di note di demerito".
"Nonostante la nota - spiega il docente -, la classe ha continuato a disturbare la lezione: chi usciva, chi faceva assembramenti, chi si sedeva sul davanzale della finestra. A quel punto li ho richiamati un po' più aspramente, dicendo loro che se avessero continuato così, la scuola poteva decidere provvedimenti disciplinari più seri, come la sospensione. La cosa è finita lì". O almeno così sembrava: "Nel pomeriggio mi hanno citofonato a casa, mi sono trovato di fronte cinque persone che mi hanno chiesto se fossi io Enrico. Ingenuamente - ricostruisce - ho risposto di sì. 'Allora sei tu il professore della De Curtis', ha detto uno di loro, e a quel punto è iniziato il pestaggio. Alcuni mi bloccavano mani e gambe mentre gli altri mi prendevano a calci e pugni. Dopo avermi sbattuto la testa contro il portone del palazzo, sono andati via dicendo: 'non tornare più a scuola e non denunciare ai carabinieri perché tanto non ci interessa'. La prima cosa che ho fatto è invece proprio chiamare le forze dell'ordine, che mi hanno trovato in uno stato di semincoscienza e hanno chiamato l'ambulanza". Portato al San Giovanni di Dio di Frattamaggiore, Enrico Morabito è stato medicato e dimesso con una prognosi di sette giorni di riposo.
"Ho denunciato l'accaduto, non sapendo chi fossero esattamente le cinque persone che mi hanno aggredito", spiega ancora il docente. "Io però non voglio puntare il dito contro tutti gli alunni di quella classe, ci sono tantissimi bravi ragazzi fra di loro", conclude. "Ho ricevuto tantissima solidarietà, anche da colleghi di altre città e alcuni mi hanno raccontato di essere stati vittime di episodi analoghi. E' come se ci trovassimo davanti a una generazione incattivita e arrabbiata, con genitori che non riescono a trasmettere il valore del rispetto delle regole". C'è un problema molto grande, non a livello locale ma a livello nazionale. Se avrò occasione di tornare in quella classe spiegherò ai ragazzi che non ho niente contro di loro, che ho perdonato anche i figli dei miei aggressori, ma dovete imparare che questo non è il modo di agire".
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