Cita Julija Tymošenko, primo
ministro dell'Ucraina nel 2005 e dal 2007 al 2010: "Cosa fare
con questi otto milioni di Russi che sono rimasti in territorio
ucraino? Bisogna tirargli una bomba atomica". Cita Petro
Porošenko presidente dell'Ucraina dal 2014 al 2019: "I nostri
figli andranno negli asili e nelle scuole, i loro vivranno nelle
cantine". Dopo il post, su Instagram, in cui il writer Jorit ha
detto che nel Donbass "non c'è nessuno da liberare", continuano
le polemiche e le accuse da parte di chi lo definisce filo
russo. Lui non risponde con un post dedicato a tutto questo, ma
lo fa in un commento a una delle tante reazioni. E dice: "Io
sono un artista libero e ho il dovere di far vedere l'altro lato
della medaglia e creare dibattito".
Due giorni fa, Jorit che è nel Donbass per realizzare un
murales, aveva scritto: "È tutto l'esatto opposto di quello che
ci raccontano in tv. La resistenza che avremmo dovuto appoggiare
è quella del popolo del Donbass che lotta da 8 anni per
liberarsi da un regime; quello di Kiev che di democratico oramai
non aveva più niente. Questo è soltanto uno sporco gioco fatto
per interessi economici". Da qui, in tanti lo hanno definito
filo russo.
Jorit, lo scorso anno, fu citato addirittura da Putin che
elogiò un murales dedicato a Dostoevskij e realizzato sulla
facciata di una scuola di Fuorigrotta, a Napoli. Un intervento,
quello di Putin, che arrivò all'indomani della decisione, poi
ritrattata, dell'università Bicocca di Milano che aveva deciso
di sospendere le lezioni dedicate a Fëdor Dostoevskij, curate
dallo studioso di letteratura russa e scrittore Paolo Nori.
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