La figura a metà di un clown che si completa soltanto riflettendo la propria immagine in uno specchio "porta ad esplorare la dualità che è insita nell'uomo, tra ciò che mostra al mondo e ciò che invece cela" rimanendo "ovunque straniero di se stesso nella danza dell'esistenza".
È questa, come spiega una nota, l'opera "La danza dell'abisso" - scultura in resina su specchio (2024) - con cui l'artista pompeiano Nello Petrucci prende parte alla 60ma edizione dell'Esposizione Internazionale d'Arte - La Biennale di Venezia (20 aprile-24 novembre).
L'evento artistico quest'anno è
incentrato sul tema "Stranieri ovunque". L'opera di Petrucci si
inquadra (insieme con quelle di altri undici artisti
internazionali) nel progetto "No man is an island" (Nessun uomo
è un'isola) del Padiglione del Grenada curato da Adriano
Pedrosa. Il curatore, ispiratosi ai versi del poeta John Donne,
riflette sul tema dell'estraneità di ogni individuo, che
attraverso la conoscenza dell'altro diventa parte di una
comunità.
Petrucci si inserisce in questa riflessione con l'opera "La
danza dell'Abisso", che utilizza "le figure altamente simboliche
del clown e dello specchio". Il clown protagonista della
scultura, scelto da Petrucci come emblema ironico e filosofico
al tempo stesso, è metafora dell'esistenza umana, come egli
stesso afferma: "Nonostante le maschere che possiamo indossare,
siamo 'ovunque stranieri' di noi stessi nella danza
dell'esistenza".
Se quella del clown è una figura contraddittoria, che esprime
bene le sfaccettature della personalità umana, lo specchio porta
il visitatore a riflettere su sé stesso e sulla propria
complessa
interiorità. Esso rappresenta visivamente la divisione interna
all'uomo, tra ciò che mostra al mondo esterno e ciò che si cela.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA