Il trattato segna un momento importantissimo definendo un quadro politico sovranazionale e alcuni meccanismi per definire e implementare accordi condivisi, restituendo agli Stati nazionali uno strumento per agire concretamente".
E' il commento di Cosimo Solidoro, direttore
della Sezione di Oceanografia dell'OGS-Istituto Nazionale
Oceanografia e Geofisica Sperimentale, al Trattato dell'Onu, che
giunge dopo dieci anni di negoziati.
"L'oceano è di tutti e tutti ne beneficiamo, ma fino a ieri
nessuno poteva assumersi la responsabilità di proteggere il
cosiddetto 'alto mare', ossia quella zona che si trova oltre le
200 miglia della Zone Economiche Esclusive e che copre oltre due
terzi dell'oceano globale - ha spiegato Solidoro. Lo studioso
segnala che "se ogni Paese ha l'onere e la possibilità di
esercitare tale controllo lungo le proprie coste, l''alto mare'
ricade nelle acque internazionali, in cui tutti gli Stati hanno
la possibilità di navigare, pescare e fare ricerche, e restava
quindi una zona di tutti ma sotto la responsabilità di nessuno".
Era "difficilissimo, se non impossibile, definire e implementare
politiche di protezione degli ecosistemi marini - dice Solidoro
- e di regolamentazione e controllo sulla sostenibilità
dell'utilizzo delle risorse del mare.
Le Nazioni Unite pochi mesi fa si sono date l'obiettivo di
"proteggere il 30% dell' oceano entro il 2030, oggi esiste uno
strumento legislativo per istituire aree marine protette in
acque internazionali ed è stata istituita una Conferenza delle
Parti - COP per raccordare le azioni degli Stati membri in
termini di gestione di mari e oceano e protezione della
biodiversità".
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