Il progetto di accordo conclusivo sul clima non sarà presentato stasera, come annunciato ieri, ma domani mattina. Lo ha detto il presidente della COP21, Laurent Fabius, parlando a BFM TV. "Presenterò il testo domattina presto - ha detto il ministro degli Esteri francese - potremo prendere una decisione (l'adozione del testo, ndr) a metà giornata". "Preferiamo darci il tempo di consultare le delegazioni per tutta la giornata di oggi", ha spiegato Fabius, assicurando che comunque "le cose vanno nel verso giusto".
Per il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti, "è difficile dire quali saranno le decisioni finali. L'accordo ci sarà e sarà buono, non ho dubbi. Ma anche se facessimo il miglior accordo possibile ma non avessimo un sistema di monitoraggio negli anni non servirebbe a niente. Do più importanza a questo che all'accordo stesso" ha detto da Parigi a 'La radio ne parla' su RaiRadio1. "Qui a Parigi si incontrano 193 paesi che devono mettersi d'accordo su cosa fare nei prossimi 85 anni. E' un impegno veramente gravoso - ha aggiunto Galletti - ma Parigi non finisce a Parigi, è l'inizio di un percorso che dura 85 anni" quindi "continuo a dire che non ci dobbiamo aspettare da questa conferenza l'accordo definitivo su cui facciamo riferimento per sempre ma l'indicazione di una strada che dobbiamo percorrere ancora tutti insieme per tanti anni". Il ministro ha quindi auspicato che "ci possa essere un sistema che ci permetta di controllare periodicamente a che punto siamo e che cosa stiamo facendo", in particolare per quanto riguarda gli impegni di riduzione delle emissioni di gas serra e di finanziamenti. "E in quelle occasioni - ha concluso - possiamo diventare più virtuosi di quanto siamo a Parigi".
IL PUNTO
E' arrivata nella serata di ieri la seconda versione della bozza di accordo della Conferenza Onu per il Clima, con un paio di pagine in meno (27 rispetto alle 29 della prima versione) e qualche compromesso in più. Ma ancora nessuna soluzione definitiva sui tre temi critici: "differenziazione, finanziamenti, ambizione". C'è invece un'intesa sull'Articolo 2, quello che fissa la soglia di aumento della temperatura rispetto all'età pre-industriale: una formulazione intermedia, che parla di restare "ben al di sotto dei 2 gradi", ma sforzandosi di restare anche sotto quota 1,5, per ridurre "rischi e impatti del cambiamento climatico".
Fissata anche al 2023 la data della prima revisione degli impegni nazionali. Restano invece tante parentesi, per esempio, sulla definizione del finanziamento climatico, e due opzioni aperte sul sistema di 'loss and damages', ovvero le compensazioni per i danni irreversibili e le migrazioni forzate.
In un colloquio telefonico i presidenti Barack Obama e Francois Hollande hanno ribadito di volere un accordo "ambizioso e duraturo" al termine dei lavoro. Dopo i contatti telefonici con il primo ministro indiano Modi, il presidente francese Hollande e la presidente brasiliana Dilma Rousseff, il presidente degli Stati Uniti ha sentiton anche il collega cinese Xi Jinping con l'obiettivo di coordinare gli sforzi nell'ambito della conferenza di Parigi in corso, fa sapere la Casa Bianca sottolineando che i due leader si sono detti d'accordo sul fatto che Parigi rappresenti una opportunità cruciale per galvanizzare gli sforzi a livello globale per affrontare la sfida dei cambiamenti climatici. Obama e Xi si sono quindi impegnati affinchè i negoziatori di Usa e China lavorino, in stretto contatto e insieme con gli altri, per concretizzare un accordo ambizioso sul clima.
Restano invece tante parentesi, per esempio, sulla definizione del finanziamento climatico, e due opzioni aperte sul sistema di 'loss and damages', ovvero le compensazioni per i danni irreversibili e le migrazioni forzate.
Intorno alla Conferenza cresce la pressione perchè si arrivi a un'intesa significativa. Per tutta la giornata, le Ong hanno moltiplicato i loro appelli all'ambizione e al riconoscimento dei bisogni dei Paesi più vulnerabili. "Non bisogna accontentarsi del minimo comune denominatore pur di poter dire di avercela fatta", ha intimato la rete di Ong Climate Action Network, lodando la mobilitazione della Francia, che nei mesi scorsi ha messo in campo "un sacco di capitale politico", ma ricordando poi che "intesa internazionale e ambizione devono andare a braccetto" perché l'accordo sia soddisfacente.
"Ritrovare l'ambizione, che per ora è rimasta tra parentesi", rilancia invece la Fondazione Nicolas Hulot, che chiede in particolare obiettivi quantificati per i finanziamenti da assegnare all'adattamento climatico. Nel pomeriggio, poi, è stato il commissario europeo all'Energia, Miguel Arias Canete, ad ufficializzare l'esistenza di "una forte alleanza con più di 100 Paesi, ovvero la maggioranza" di quelli rappresentati alla Cop21, per "chiedere un accordo ambizioso". Il gruppo, ha precisato, include l'intera Ue, i 79 Stati dell'unione Acp (Africa, Caraibi e Pacifico), e da ieri sera anche gli Usa e "un gruppo di Paesi progressisti latinoamericani". Sono "Paesi sviluppati e in via di sviluppo, grandi e piccoli, ricchi e poveri", ha tenuto a rimarcare.
Il commissario europeo ha poi esplicitamente accusato i rappresentanti cinesi di bloccare le trattative sulla questione della frequenza delle revisioni periodiche, che l'Europa vorrebbe fossero ogni cinque anni. "Senza dei cicli quinquennali, l'accordo è privo di significato", ha dichiarato Canete, argomentando che "se non si ritorna abbastanza spesso ad aggiornare gli impegni, non si potrà mai raggiungere l'obiettivo a lungo termine" di azzeramento delle emissioni. Un altro attore problematico delle trattative, "forse il più esplicito nelle sue prese di posizione", è l'Arabia Saudita, rilevano ancora le Ong del Climate Action Network. Il regno, spiegano, si sarebbe messo di traverso "anche con dichiarazioni pubbliche" sull'obiettivo a lungo termine per l'azzeramento delle emissioni e più in generale su "qualsiasi allontanamento definitivo dai combustibili fossili". Ma i sauditi non sono isolati, ha tenuto a precisare Alix Mazounie: "Come diciamo in Francia, l'albero nasconde una foresta".
I responsabili Onu, però, continuano a mostrarsi fiduciosi. Il segretario generale Ban Ki-moon si è detto "ragionevolmente ottimista" sul fatto che si arrivi a un "accordo universale e molto ambizioso sul cambiamento climatico, che renderà le vite degli esseri umani più salutari e prospere". Sulla stessa linea il direttore del programma Onu per l'ambiente (Unep), Achim Steiner, secondo cui "il fatto che ora siamo rimasti con forse 3 o 4 temi su cui c'è ancora bisogno di negoziare un compromesso politico e trovare una formulazione ci dovrebbe incoraggiare".
Nel frattempo è arrivato un nuovo allarme sui profughi climatici e sull'importanza di tutelare chi è costretto a fuggire dalla propria casa per colpa degli sconvolgimenti del clima, in una fase di "sentimenti anti-immigranti senza precedenti". A lanciarlo è il direttore dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni, William Lacy Swing, secondo cui gli spostamenti forzati di popolazione sono a un livello mai visto dopo la Seconda guerra mondiale.