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Ispra,in Italia il 66% delle frane europee,nel 2015 12 morti

Sismi minacciano oltre 10mila beni culturali, secondi in Europa per rischi

Redazione ANSA ROMA

Delle 900mila frane censite in Europa, 600mila, cioè due su tre (66%) sono in Italia, dove nel 2015 si sono registrate 12 vittime di eventi franosi e 271 episodi, con danni che hanno interessato principalmente la rete stradale e ferroviaria. È quanto emerge dall'edizione 2016 dell'Annuario dei dati ambientali dell'Ispra, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, presentato a Roma, che evidenzia come l'Italia sia tra i paesi più minacciati dagli eventi di origine naturale, seconda solo alla Grecia dal punto di vista della sismicità.

Stando alle stime, 500mila italiani abitano in aree a pericolosità di frana molto elevata, 744mila in aree a pericolosità elevata, 1,5 milioni in aree a pericolosità media e 2 milioni in aree a pericolosità moderata.

Altra minaccia arriva dai terremoti che tuttavia, a differenza del 2016, nel 2015 non hanno causato vittime né danni. L'anno scorso i terremoti sono stati 1.963, di cui solo due di magnitudo pari a 4,7 e 4,5, con epicentri molto profondi (oltre 200 km). Le zone più critiche per la presenza di faglie "capaci", cioè in grado di produrre rotture o deformazioni significative in superficie o in prossimità di esse, sono la Calabria tirrenica, la Sicilia orientale, la catena appenninica Centro-meridionale e il Friuli-Venezia Giulia.

A rischio, evidenzia l'Ispra, non solo le persone ma anche il patrimonio culturale: i beni situati in comuni classificati in 'zona sismica 1' sono 10.297, pari al 5,4% del totale. Il 28% dei Siti Unesco italiani è in zone ad alta sismicità.

Il consumo di suolo non accenna a diminuire: coperti oltre 21000 km2 di territorio. L’Italia è al primo posto in Europa per perdita di suolo dovuta ad erosione idrica, con valori superiori a 8 tonnellate/ettaro per anno, contro la media europea di 2,5.

Notizie positive per le acque sotterranee: a novembre 2016, dei 1.053 corpi idrici identificati, il 59% ricade in classe “buono” sia per lo stato chimico sia per lo stato quantitativo. Per quanto riguarda le acque superficiali (7.494 corpi idrici fluviali e 347 corpi idrici lacustri), invece, il 43% dei fiumi raggiunge l’obiettivo di qualità per lo stato ecologico e il 75% per lo stato chimico; per i laghi, l’obiettivo di qualità è raggiunto dal 21% dei corpi per lo stato ecologico e dal 47% per lo stato chimico.

Va tuttavia aggiunto che la produzione globale di sostanze chimiche è arrivata a diverse centinaia di milioni di tonnellate: l’Italia è il terzo produttore europeo, dopo Germania e Francia, e il decimo a livello mondiale.

Pollice in su, spiega l'Istituto, per lo stato qualitativo delle acque costiere di balneazione italiane, che rappresentano il 33% di quelle monitorate in Europa: il 90% di esse risulta essere eccellente e il 4,8% buona. Gli ambienti marini sono, tuttavia, vittime, come gli ambienti terrestri, dell’assalto di specie alloctone invasive, complici i cambiamenti climatici e la globalizzazione: recentemente è stata rilevata la presenza, nel bacino mediterraneo, di specie anche di natura algale come l’Ostreopsis cf. Ovata, riscontrata nel 2015 in 10 regioni costiere e sempre assente in tutti i campioni prelevati lungo le coste abruzzesi, emiliano romagnole e venete.

Nota dolente per la temperatura media: l’aumento registrato negli ultimi 30 anni nel nostro Paese è stato quasi sempre superiore a quello medio globale rilevato sulla terraferma. Il 2015 è stato l’anno più caldo dal 1961. L’anomalia della temperatura media (+1,58 °C) è stata superiore a quella globale sulla terraferma (+1,23°C) e rappresenta il ventiquattresimo valore annuale positivo consecutivo.

In Italia, il 64,3% della popolazione esposta a livelli di rumore da traffico statale superiori a 50 dB(A), nel periodo notturno, è sottoposta a livelli superiori alla soglia Lnight di raccomandazione dell’OMS a tutela della salute pubblica.

Non si ferma, intanto, la mobilitazione dei lavoratori dell'Ispra organizzati con l'Usb Pubblico impiego. Prima della presentazione dell'Annuario 2016, al ministero dell'Ambiente, alcuni lavoratori hanno distribuito un volantino per denunciare che "le attività dell'Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale sono messe a rischio a causa della mancata approvazione alla Camera dell'emendamento alla Legge di Stabilità, essenziale per il funzionamento dell'Ente e per la stabilizzazione di 130 precari con anzianità decennali". Dopo "la protesta" i lavoratori - fa sapere un comunicato dell'Usb - hanno avuto un colloquio con il sottosegretario Barbara Degani.

"Sono passati oltre otto anni dalla legge 133/2008 istituiva dell'Ispra, l'Istituto di riferimento del Ministero dell'Ambiente per la protezione e la Ricerca Ambientale. Otto anni di grave insufficienza organizzativa, gestionale ed economica - denuncia Nicola Lugeri, dell'Usb P.I. Ricerca - trascorsi nel totale disinteresse del Ministro Gianluca Galletti. A rendere più preoccupante la situazione, i nuovi compiti strategici attribuiti all'Ente con la legge 132/2016, che istituisce il Sistema Nazionale Protezione Ambiente, approvata senza oneri aggiuntivi a carico dello Stato". Precisa il rappresentante Usb: "In questo sistema 'a rete' è attribuito a Ispra un ruolo centrale di indirizzo, coordinamento e intervento nelle vicende più rilevanti, come con i cosiddetti Lepta, ovvero i livelli essenziali delle prestazioni ambientali cui dovranno adeguarsi le Arpa regionali. Tuttavia non vengono rafforzati né l'organico né i finanziamenti, già insufficienti a svolgere le attuali funzioni attribuite all'Ente. Per domani mattina è annunciato un presidio al ministero dell'Ambiente e "la mobilitazione proseguirà fino a che non avremo risposte" conclude Lugeri.

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